Bruxelles – Stop alla discriminazione degli insegnati precari. È la sollecitazione della Commissione europea nei confronti dell’Italia, che non ha adeguato la propria legislazione nazionale alla direttiva Ue in materia risalente al 1997. Il nodo del contendere riguarda la progressione salariale in base all’anzianità, di cui non gode chi ha un contratto a tempo determinato, al contrario di quanto avviene per i colleghi di ruolo.
In una comunicazione datata 12 febbraio, l’esecutivo comunitario ha reso noto (al punto 8) che ha avviato una procedura d’infrazione contro Roma perché, si legge, in base alla normativa italiana “gli insegnanti a tempo determinato non hanno diritto a una progressione salariale graduale basata sui precedenti periodi di servizio, a differenza degli insegnanti a tempo indeterminato“. Secondo Bruxelles, questa disparità di trattamento configura delle “condizioni di lavoro discriminatorie” che violano il diritto dell’Unione, in cui viene sancito il principio di non discriminazione.
Pertanto, la Commissione ha inviato una lettera di messa in mora al Belpaese, il quale ha ora a disposizione due mesi di tempo per spiegare come intende rimediare alle carenze evidenziate. In caso contrario, il Berlaymont potrà emettere un parere motivato, il secondo step della procedura d’infrazione. Di fronte ad un’eventuale ulteriore inadempienza da parte del governo italiano, la faccenda potrebbe finire di fronte alla Corte di giustizia Ue che potrebbe comminare delle sanzioni pecuniarie.
Ma quanto è grande la platea interessata? Su un totale di 943.681 docenti attivi sul territorio nazionale nell’anno scolastico 2022/2023, poco meno di un quarto (234.576) erano inquadrati con contratti a tempo determinato (dati del ministero dell’Istruzione e del merito). Di questi, 154.453 sono under 45.