Bruxelles – Avanza l’azione delle associazioni agricole italiane a difesa della filiera della canapa industriale, presa di mira da due provvedimenti del governo Meloni che di fatto vietano la produzione e il commercio delle infiorescenze di canapa e derivati e classificano le composizioni per uso orale di CBD tra le sostanze stupefacenti. La petizione presentata da diverse sigle nazionali lo scorso settembre è stata accolta dalla commissione Petizioni (Peti) del Parlamento europeo. Il suo presidente, il conservatore polacco Bogdan Rzońca, ha chiesto alla Commissione europea di “condurre un’indagine preliminare sulla questione”.
Nella risposta indirizzata al presidente di Canapa Sativa Italia, Mattia Cusani – primo firmatario della petizione che ha raccolto il sì di Confagricoltura, Cia, Copagri, Cna Agroalimentare, Unci, Liberi Agricoltori, Altragricoltura, Associazione Florovivaisti italiani, Federcanapa, Sardinia Cannabis, Assocanapa, Resilienza Italia Onlus, Canapa delle Marche, l’associazione europea della canapa industriale (Eiha) e i francesi di UPCBD – la commissione Peti ha sottolineato che la Corte di giustizia dell’Unione europea, in una sentenza del 4 ottobre 2024, ha stabilito che gli Stati membri non possono imporre restrizioni alla coltivazione della canapa industriale, compresa la coltivazione indoor e la coltivazione esclusivamente per la produzione di infiorescenze, a meno che tali restrizioni non siano suffragate da prove scientifiche concrete relative alla tutela della salute pubblica.
Fonti dell’Eurocamera confermano che nessun gruppo parlamentare si è opposto a quanto disposto da Rzońca. A questo punto, oltre alla richiesta alla Commissione europea di fornire una risposta nel merito, la stretta securitaria del governo italiano sulla produzione e il commercio di canapa e derivati sarà inserita all’ordine del giorno nelle riunioni della commissione Peti. La commissione potrà invitare lo stesso Cusani, o un altro dei firmatari, a discutere la petizione in aula. Canapa Sativa Italia, insieme a Imprenditori Canapa Italiana, Resilienza Italia Onlus e Sardinia Cannabis, avevano già recapitato una lettera alla Commissione europea nel giugno 2024. Ora però è il Parlamento a chiedere a Bruxelles di prendere una posizione.

Valentina Palmisano, eurodeputata del Movimento 5 Stelle e membro della commissione Peti, e Cristina Guarda, eurodeputata di Alleanza Verdi Sinistra e vicepresidente della commissione Peti, hanno chiesto che la petizione venga calendarizzata con urgenza, già nella prossima seduta del mese di marzo. “Data l’urgenza della situazione e il suo impatto sugli obiettivi commerciali, occupazionali e ambientali, chiediamo che questa petizione venga discussa con urgenza in commissione e che venga inserita nell’ordine del giorno di marzo, se possibile (di aprile, se non possibile)”, si legge nella richiesta formalizzata dal gruppo della Sinistra europea, di cui il Movimento 5 Stelle fa parte a Bruxelles. Un’analoga richiesta è stata depositata dal gruppo dei Greens, di cui fa parte Cristina Guarda.
Una necessità resa impellente anche alla luce delle tempistiche previste a Roma, dove la discussione del Ddl sicurezza al Senato è prevista per inizio marzo. Palmisano – che già quest’estate aveva presentato un’interrogazione alla Commissione europea per sollecitare il suo intervento sul tema – si è detta “molto soddisfatta” dell’accoglimento della petizione, sottolineando il “furore ideologico” con cui il governo Meloni “ha messo in crisi migliaia di piccole medie aziende agricole, commercianti e lavorati che hanno investito in questo settore in tutta legalità”.
Ddl Sicurezza e decreto sul CBD, le presunte violazioni del diritto europeo
In ballo ci sono 3 mila imprese, circa 15 mila lavoratori e un settore in crescita che vale già 500 milioni di fatturato su base annua. L’emendamento 13.06 al Ddl Sicurezza vieterebbe infatti la produzione e il commercio delle infiorescenze di canapa e derivati, anche con un contenuto di THC inferiore allo 0,2 per cento. Colpendo non solo i piccoli rivenditori di CBD – canapa sativa L con basso contenuto di THC che non produce effetti psicotropi -, ma anche filiere agroindustriali di eccellenza come la cosmesi, il florovivaismo, gli integratori alimentari, l’erboristeria. Inoltre, con un decreto entrato in vigore lo scorso 5 agosto – sospeso un mese più tardi dal Tar del Lazio – il governo ha equiparato le composizioni per uso orale di CBD alle sostanze stupefacenti, limitandone la vendita solo alle farmacie con prescrizione medica non ripetibile.
Secondo le associazioni di categoria, entrambi i provvedimenti sarebbe in contrasto con gli Articoli 34 e 36 del Trattato sul funzionamento dell’Ue. Quelli che definiscono il principio di libera circolazione delle merci. Ma Roma avrebbe commesso anche un errore procedurale: entrambe le misure non sarebbero state notificate al TRIS, il meccanismo europeo che si occupa di concertare con gli Stati membri eventuali aggiustamenti per evitare violazioni del diritto comunitario.