Bruxelles – Sembra riprendersi la politica romena dopo lo storico annullamento delle presidenziali di novembre, deciso dalla Corte costituzionale a seguito delle interferenze russe certificate dai servizi di Bucarest. Ora che ci sono delle date per le elezioni del nuovo vertice dello Stato balcanico, i partiti cominciano a posizionarsi, formando degli schieramenti che appaiono già piuttosto netti.
Ci è voluto circa un mese dalla sentenza shock della Corte costituzionale romena che, lo scorso 6 dicembre, ha invalidato il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali tenutosi il 24 novembre in cui a sorpresa era arrivato primo Călin Georgescu, candidato indipendente ultranazionalista e filorusso. Secondo i giudici, che hanno basato la loro decisione su rapporti desecretati dell’intelligence, l’intero processo andava ricominciato da capo a causa delle pesanti interferenze della Russia (le cui campagne di disinformazione sarebbero esplose soprattutto sulla piattaforma TikTok, attualmente sotto inchiesta da parte della Commissione europea).
Alla fine, dunque, l’8 gennaio il governo ha reso nota la data in cui verranno celebrate le nuove elezioni: il 4 maggio si terrà il primo turno e, eventualmente, il 18 maggio il ballottaggio tra i due candidati più votati, se nessuno avrà ottenuto la maggioranza assoluta. Se non fosse stato annullato il primo round, Georgescu avrebbe poi sfidato la leader dell’opposizione liberal-conservatrice dell’Usr, Elena Lasconi.
Ma ora, stando ai sondaggi disponibili, la situazione è cambiata. Al primo posto, nelle intenzioni di voto degli elettori romeni rimane saldamente Georgescu con un consenso ancora più alto di due mesi fa – attualmente intorno al 37-38 per cento, grazie anche all’endorsement fornito dall’estrema destra di Aur (che, dopo le legislative di inizio dicembre, è diventato il secondo partito al Parlamento per numero di eletti) – ma non sufficiente ad evitare il ballottaggio.
Tuttavia, a seconda della rilevazione, varia lo sfidante al secondo turno. Stando all’indagine condotta da Avangarde, oltre a Georgescu passerebbe al ballottaggio col 25 per cento Crin Antonescu, il candidato unitario scelto dalle forze che compongono l’esecutivo di coalizione di Bucarest, vale a dire i socialdemocratici del Psd, i liberali del Pnl e la minoranza ungherese dell’Udmr.
Antonescu, politico di lungo corso del Pnl e già presidente ad interim nel 2012 (mentre i romeni votavano in un referendum sull’impeachment dell’allora presidente Traian Băsescu), dovrà in realtà attendere il prossimo 2 febbraio per l’investitura definitiva, sulla quale potrebbero pesare anche i battibecchi tra gli alleati di governo seguiti ad un furto di reperti storici romeni avvenuto in un museo nei Paesi Bassi.
Un altro sondaggio condotto più recentemente da Curs, invece, indica che al secondo turno arriverebbe Nicușor Dan con un solido 21 per cento. Dan, l’attuale sindaco della capitale, ha visto crescere la sua popolarità nelle ultime settimane e ieri sera (29 gennaio) si è incontrato con Lasconi in quello che è sembrato un appuntamento per coordinarsi allo scopo di unire le forze alle presidenziali contro i rivali Georgescu e Antonescu.
Îi mulțumesc lui Nicușor Dan pentru întâlnirea de astăzi. Suntem doi oameni de bună-credință, avem datoria să punem interesul cetățenilor onești din această țară mai presus de orice!
✊ Eu am responsabilitatea celor 1,7 milioane de voturi pe care românii mi le-au acordat acum… pic.twitter.com/BLUoqHiVgM
— Elena Lasconi (@ElenaLasconi) January 29, 2025
La gara per sfidare il candidato della destra radicale filorussa è dunque assolutamente aperta in Romania, anche se al momento Georgescu parrebbe in grado di vincere al ballottaggio tanto contro Antonescu quanto contro Dan. Tuttavia i sondaggi restano sondaggi, e vanno presi con le pinze: del resto, non erano stati capaci di prevedere nemmeno la vittoria fulminante dell’outsider.
Di sicuro c’è, invece, che quella vittoria ha innescato l’ennesima crisi politica nel Paese balcanico, sia per il forte segnale di insofferenza lanciato dall’elettorato all’establishment centrista – confermato peraltro all’ultimo appuntamento con le urne, quando le forze dell’estrema destra hanno conquistato quasi un terzo dei seggi al Parlamento – sia per le controversie causate dalla decisione della Corte (senza precedenti nella storia occidentale) di annullare il voto, che ha generato critiche piuttosto trasversali a livello politico nonché ulteriore sfiducia nei processi democratici nazionali da parte della società romena.