Bruxelles – A tre settimane da un appuntamento elettorale cruciale ben oltre i confini tedeschi, si sbriciola il “mai con l’AfD” di merkeliana memoria. Come già successo al Parlamento europeo e all’Assemblea nazionale francese, il cordone sanitario contro l’estrema destra non è più un imperativo nel cuore dell’Europa. Così ieri (29 gennaio) la Cdu di Friedrich Merz – probabile futuro cancelliere tedesco – ha incassato i voti dell’estrema destra di ispirazione neo-nazista per far passare in parlamento una durissima mozione sull’immigrazione.
Il fatto è che la campagna verso le elezioni del 23 febbraio si sta progressivamente spostando – complici alcuni recenti episodi di violenza commessi da persone migranti – sul terreno preferito del partito di ultradestra guidato da Alice Weidel, da sempre profondamente anti-immigrazione. Negli ultimi mesi, nel tentativo di recuperare consensi, le due principale famiglie politiche tedesche – cristianodemocratici (Cdu) e socialdemocratici (Spd) – hanno indurito sempre di più i toni e sposato una narrativa sempre più aggressiva contro le persone migranti, assottigliando a poco a poco la differenza di vedute con l’AfD.
Il punto di non ritorno si è verificato ieri al Bundestag di Berlino, quando Merz è riuscito a far passare per una manciata di voti – quelli di AfD e dei liberali – una mozione per rafforzare i controlli alle frontiere e concedere maggiori poteri alla polizia. Il leader della Cdu ha chiesto che venga dichiarato lo stato d’emergenza e applicati respingimenti e controlli permanenti ai confini. In aperta violazione delle norme dell’area Schengen. La mozione sarà trasformata già domani in una proposta di legge. Se il “pacchetto Merz” passasse, “il più grande Paese in Europa violerebbe il diritto europeo. Finora solo Viktor Orbán (premier ungherese, ndr) osa una cosa del genere”, ha attaccato il cancelliere e leader dell’Spd, Olaf Scholz.
Ma il cancelliere uscente è in evidente difficoltà, e nel tentativo di rincorrere le destre ha cambiato ha cambiato anch’egli retorica sul tema immigrazione. In particolare dopo l’accoltellamento compiuto il 22 gennaio ad Aschaffenburg, in Baviera, ai danni di un uomo e un bambino da parte di un richiedente asilo afghano, Scholz si è detto “stufo di questi crimini violenti ogni poche settimane, perpetrati da persone che vengono da noi cercando protezione”.
Il suo partito però è in caduta libera: secondo i dati raccolti da YouGov tra il 24 e il 27 gennaio, l’Spd è passata dal 19 al 15 per cento in pochi giorni, distantissima sia dai cristianodemocratici di Merz, al 29 per cento, che dall’estrema destra di Weidel, che – a una settimana dal congresso a cui ha partecipato anche il suo sostenitore Elon Musk – vola per la prima volta nella sua storia al 23 per cento nei sondaggi. Gli alleati della coalizione a semaforo dimissionaria, sono tutti più indietro: i Verdi – che hanno candidato il ministro dell’Economia Robert Habeck – al 13 per cento, mentre i liberali sono pressoché scomparsi, al 3 per cento. I rossobruni di Sarah Wagenknecht viaggiano intorno al 6 per cento, la sinistra di Die Linke al 5 per cento.
Alla luce di questi rapporti di forza – e dello strappo di Merz sull’immigrazione – il dubbio che il leader del partito fondato da Konrad Adenauer possa dare vita a un alleanza storica con l’AfD sorge spontaneo. Merz ha smentito nei giorni scorsi di voler riportare al potere l’estrema destra per la prima volta dopo gli orrori del regime nazista, ma a proposito della mozione approvata ieri ha dichiarato: “Una decisione giusta non diventa sbagliata, se la votano le persone sbagliate. Resta giusta”. Ma le rassicurazioni di Merz non sono bastate per evitare che centinaia di persone si radunassero davanti alla sede berlinese del partito che fu di Angela Merkel al grido di “vietate la Cdu” e “Merz vattene”.
La leader tedesca del gruppo dei Verdi europei, Terry Reintke, ha definito la giornata di ieri come “una pagina scura per la democrazia tedesca”. Ma critiche sono arrivate anche dall’universo cristiano-liberale. Il cancelliere austriaco, Alexander Schallenberg, ha bocciato le misure proposte da Merz ai confini: “Se ognuno tira su il suo ponte levatoio, ci ritroviamo tutti più poveri e nessuno è più al sicuro”.
In vista delle elezioni, Merz ha ribadito di non aspirare ad “altre maggioranze che non siano quella centrista e democratica”, scaricando contemporaneamente la responsabilità agli altri partiti. Il rischio però è che la fiducia tra le storiche famiglie democratiche tedesche sia già compromessa. Scholz ha parlato di “un errore imperdonabile”. O una consapevole e calcolata uscita allo scoperto.