Bruxelles – Solo il 16 per cento degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sdg) stilati dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 è in corsa per essere raggiunto. A sei anni da un appuntamento storico, il mondo si è incagliato in pericolose tensioni geopolitiche che hanno segnato “un’importante battuta d’arresto per lo sviluppo sostenibile in Europa e nel mondo“. Gli esperti dell’Onu rivolgono un appello disperato alla nuova leadership europea: riaffermare il proprio impegno per l’attuazione dell’Agenda 2030 “è responsabilità storica e interesse strategico“.
I dati diffusi oggi (29 gennaio) dalla Rete delle Nazioni Unite per le Soluzioni per lo Sviluppo Sostenibile (Sdsn) sono impietosi. Più che un campanello d’allarme – già risuonato negli ultimi anni -, una vera e propria sirena. Il rapporto annuale che valuta i progressi nei 27 Stati membri, i 9 Paesi candidati all’adesione e il Regno Unito, rivela preoccupanti passi indietro in tutto il continente. “Negli ultimi due anni, i progressi in Ue si sono fermati”, ha avvertito Guillaume Lafortune, vicepresidente dell’Sdsn, durante un incontro con la stampa presso la sede del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) a Bruxelles. Nel periodo 2020-2023, il ritmo di avanzamento è stato più di due volte inferiore a quello dei tre anni precedenti.
Il problema è che l’Unione europea è la locomotiva di un treno che sta perdendo potenza e che rischia proprio di imboccare altri binari. A livello globale, 19 dei 20 Paesi in cima all’indice degli Sdg sono Paesi europei. In particolare quelli del nord Europa: la Finlandia, al primo posto per il quinto anno consecutivo, seguita da Danimarca, Svezia, Austria e Norvegia. Mentre i Baltici, i Paesi dell’Europa orientale e quelli del Mediterraneo arrancano. Per non parlare dei 9 candidati all’adesione, che – seppur con dei miglioramenti – secondo le proiezioni dell’Sdsn avrebbero bisogno di 66 anni per raggiungere il livello dei primi della classe.
A complicare l’ambizioso piano di sviluppo sostenibile per il 2030, si è messa di mezzo la guerra in Ucraina, “un’enorme distrazione”, e le nuove priorità derivanti da un contesto geopolitico sempre più aggressivo: la competitività, la difesa, la corsa alle materie prime critiche e all’approvvigionamento energetico. Proprio oggi la Commissione europea ha presentato la dottrina economica che segnerà i prossimi cinque anni, la Bussola della competitività, che marca un netto cambio di paradigma rispetto al Patto verde del primo mandato di Ursula von der Leyen. Ma il Green Deal “è l’obiettivo giusto“, ha sottolineato ancora Lafortune.
Quest’anno, il rapporto è accompagnato da un nuovo studio realizzato in collaborazione con il Comitato economico e sociale europeo (Cese), che offre spunti di riflessione sull’impatto che potrebbe avere la trasformazione del sistema agroalimentare dell’Ue nel raggiungimento di alcuni dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile. In sostanza, la transizione verso diete più sane potrebbe avere effetti positivi su più fronti. Non solo relativi all’Sdg 2 – sconfiggere la fame – ma anche sulla salute,la mitigazione del clima e gli obiettivi di biodiversità. “Abbiamo solo cinque anni davanti a noi per attuare l’Agenda 2030 e i sistemi alimentari sostenibili sono un motore cruciale per l’attuazione degli Sdg. Per accelerare l’azione, abbiamo bisogno di meccanismi più ambiziosi per salvaguardare i mezzi di sussistenza degli agricoltori, dei piccoli produttori alimentari e di altre parti interessate”, ha dichiarato Peter Schmidt, presidente della sezione Agricoltura e sviluppo rurale del Cese.
Secondo gli esperti dell’Onu, si può ancora cercare di invertire la tendenza. A partire dal prossimo giugno, quando la Spagna – un Paese europeo – ospiterà la quarta Conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo, una tappa “fondamentale per l’Ue e il mondo per aumentare e allineare i flussi di finanziamento internazionali per lo sviluppo sostenibile entro il 2030 e per i prossimi decenni”. Perché alla fine, per riprendere la corsa c’è bisogno di soldi. E di volontà politica. Nelle raccomandazioni contenute nel rapporto, spicca la necessità di “aumentare collettivamente gli investimenti nell’energia pulita e nelle tecnologie digitali ora nell’Ue e gettare le basi per un’ambiziosa strategia di investimenti ambiziosa per tutto il prossimo decennio, in particolare attraverso l’adozione di un ambizioso Clean Industrial Deal e un quadro finanziario pluriennale 2028-2035”.
L’appuntamento è a Siviglia, dal 30 giugno al 3 luglio 2025, “un’opportunità cruciale per l’Ue di portare avanti la sua leadership” e di “sostenere lo sblocco di ulteriori capitali pubblici e privati per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”.