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    Home » Net & Tech » Musk, paladino della libertà di espressione o pericoloso leader reazionario: l’Eurocamera si spacca

    Musk, paladino della libertà di espressione o pericoloso leader reazionario: l’Eurocamera si spacca

    Il dibattito all'emiciclo di Strasburgo sull'attuazione del Digital Services Act è uno scontro tra i gruppi di destra, strenui sostenitori del patron di X, e chi ne denuncia le continue ingerenze negli affari dei Paesi membri. La Commissione europea ribadisce: "Nessuna censura di contenuti"

    Simone De La Feld</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@SimoneDeLaFeld1" target="_blank">@SimoneDeLaFeld1</a> di Simone De La Feld @SimoneDeLaFeld1
    21 Gennaio 2025
    in Net & Tech
    musk

    Tesla and SpaceX CEO Elon Musk speaks during a town hall event hosted by America PAC in support of former US President and Republican presidential candidate Donald Trump at the Greater Philadelphia Expo Center in Oaks, Pennsylvania, on October 18, 2024. (Photo by RYAN COLLERD / AFP)

    Dall’inviato a Strasburgo – O lo ami o lo odi, si dice spesso delle personalità più divisive. Non fa eccezione l’uomo più ricco del mondo – e proprietario di X (l’ex Twitter) -, Elon Musk, elevatosi a paladino della libertà d’espressione contro ogni tentativo di censura e di imposizione di pensiero unico. Con annesse ingerenze più o meno dirette negli affari di altri Paesi. L’Unione europea è spaccata in due: la destra e l’estrema destra lo adorano, i popolari restano cauti, dai liberali fino alla sinistra lo ritengono la pericolosa guida di una nuova internazionale reazionaria.

    Così, all’Eurocamera va in scena un dibattito che più che insistere sulla “necessità di far rispettare il Digital Services Act (Dsa) per proteggere la democrazia sulle piattaforme dei social media”, rivela la frattura insanabile tra chi ritiene che la nuova legislazione europea protegga la libertà d’espressione online dal rischio della manipolazione dell’informazione e chi invece la accusa di essere un bavaglio imposto da Bruxelles contro il dissenso. Nel mezzo, una Commissione europea che non sa bene che pesci pigliare, strattonata per la maglia da una parte e dall’altra.

    Henna Virkkunen
    La vicepresidente esecutiva della Commissione Ue, Henna Virkkunen, al dibattito all’emiciclo di Strasburgo (21/01/25)

    Da quando è entrato in vigore il Dsa, lo scorso aprile, Bruxelles ha aperto dieci indagini contro i giganti del digitale: una contro X, tre contro TikTok, una contro AliExpress, quattro contro Meta (due contro Facebook e due contro Instagram), una contro Temu. “Stiamo prendendo l’applicazione del Dsa molto seriamente”, ha assicurato all’emiciclo di Strasburgo la vicepresidente esecutiva della Commissione europea responsabile per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia, Henna Virkkunen. In un anno segnato da moltissimi appuntamenti elettorali, dalle elezioni europee dello scorso giugno fino alle elezioni presidenziali in Germania previste a fine febbraio, la Commissione europea ha emesso una serie di linee guida per le grandi piattaforme digitali, mettendo in chiaro le misure da prendere per mitigare i rischi di influenze indebite sul processo elettorale.

    “Le elezioni libere, eque e inclusive sono il cuore della democrazia e l’ingerenza a livello elettorale richiede una forte risposta”, ha dichiarato Virkkunen. Ma “non si tratta di censura di contenuti“, bensì di “creare meccanismi efficienti per rimuovere contenuti illegali, definiti proprio a livello giuridico, come ad esempio l’istigazione all’odio, perché ciò che è illegale offline lo è anche online“. Un problema è che, mentre Bruxelles porta avanti le proprie indagini sulla conformità o meno delle grandi piattaforme al Dsa, il tempo non si ferma e la vita politica dei Paesi Ue prosegue, esponendosi a eventuali interferenze. “I nostri team lavorano a pieno ritmo. Intensificheremo il numero delle squadre che si occupano del Dsa, ed entro la fine del 2025 arriveremo ad un organico di 200 persone”, ha annunciato a proposito Virkkunen.

    Un’altra complicazione è il legame che alcune delle grandi piattaforme – X e Meta su tutte – stanno tessendo con la nuova amministrazione americana. Se Zuckerberg ha strizzato l’occhiolino a Donald Trump annunciando la fine del fact-checking su Facebook e Instagram, addirittura Musk, che aveva mobilitato la piattaforma per sostenere la candidatura di Trump, svolgerà un ruolo di consulenza per il governo federale. Ieri sera (20 gennaio), nel suo intervento alla cerimonia per l’insediamento di Trump alla Casa Bianca, Musk ha dichiarato che “alcune elezioni contano, altre no, ma questa era davvero importante”, prima di esibirsi in un dubbio saluto che ha ricordato molto quello romano di matrice fascista.

    Iratxe Garcia Perez
    La capogruppo S&d, Iratxe Garcia Perez

    Il presidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, ha suggerito di “lavorare insieme agli Stati Uniti”, tenendo bene a mente che “siamo a favore del libero mercato ma tutti coloro che fanno affari in Europa devono rispettare le nostre regole, compresi i giganti tecnologici statunitensi”. Per la leader socialista, Iratxe Garcia Perez, Musk e X sono diventati “il megafono principale a sostegno dell’estrema destra”, attraverso “messaggi d’odio e menzogne”. La capogruppo S&d ha spronato la Commissione europea a rispondere tempestivamente per “frenare gli abusi degli oligarchi digitali“, perché l’inazione “non è neutralità, ma complicità”.

    L’appello all’urgenza è stato rilanciato da Sandro Gozi, esponente dei liberali di Renew, secondo cui nonostante l’entrata in vigore del Dsa siamo ancora in un “pieno far west digitale”. L’eurodeputato italiano eletto in Francia con Renaissance ha avvertito: Musk è sì un “genio industriale innegabile”, ma sempre di più “un finanziere, un politico” e ora un membro dell’amministrazione Trump. Durissima Carola Rackete, l’ex capitana della Sea Watch ora deputata a Strasburgo con la Sinistra europea, secondo cui Musk “ha reso Twitter un macchinario della propaganda”. L’eurodeputata tedesca ha puntato il dito contro la mancanza di moderazione di contenuti da parte di X (che si affida al modello delle Community Notes) e alla presunta amplificazione dei contenuti di estrema destra. “La Germania è a un passo dalle elezioni ed è per questo che la Commissione deve portare avanti velocemente la procedura contro X”, ha concluso Rackete.

    Di tutt’altro tenore gli interventi dei gruppi politici di destra: Nicola Procaccini, capogruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), ha riso per la “perdita del dominio politico sulle piattaforme social” che starebbe “facendo impazzire le sinistre ad ogni latitudine”. Per Virginie Joron, eurodeputata del Rassemblement National francese e del gruppo dei Patrioti, Bruxelles “non vuole proteggere i consumatori europei, ma controllare i voti degli elettori”. La leghista Susanna Ceccardi ha rivendicato il voto contrario della delegazione del Carroccio al Dsa, “una clava nelle mani degli oligarchi dell’Ue”, che “imbavaglia il dissenso e rafforza il pensiero unico”.

    L’eurodeputato cipriota Fidias Panayiotou, 21/01/25

    Nel lungo dibattito è intervenuto anche il tiktoker Fidias Panayiotou, eurodeputato cipriota dei Non iscritti, che a Strasburgo è arrivato proprio grazie alla sua popolarità sui social network. Se le accuse “di istituzionalizzare la censura” fatte da Musk e Zuckerberg all’Ue sono vere, “allora abbiamo un problema”, ha dichiarato Panayiotou, suggerendo all’Ue di “prenderle in considerazione”. Il cipriota ha proposta di invitare Musk e Zuckerberg al Parlamento europeo per un “dibattito approfondito”.

    Tags: Digital services actelon muskEurocameralibertà di espressionemark zuckerbergpiattaforme digitali

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