Bruxelles – Il Fondo salva-Stati, l’Italia che non lo vuole e tiene in ostaggio tutti i partner europei, malumori e tensioni. In sintesi: il Mes, una storia infinita e che torna sul tavolo dei ministri dell’Eurogruppo, su impulso del direttore generale dell’organismo internazionale, Pierre Gramegna, preoccupato per uno stallo che non giova in un momento di incertezze crescenti. “L’ambiente geo-economico si sta deteriorando” ulteriormente, e “i rischi di interruzione per l’economia aumentano”, avverte al termine dei lavori dell’eurogruppo. In questo contesto “la stabilità finanziaria resta un pre-requisito, e la ratifica del trattato di riforma del Mes sarebbe di estrema importanza“.
I partner dell’eurozona tornano dunque a fare pressione sull’Italia, unico Paese a non aver ratificato in Parlamento il testo concordato, e sul governo Meloni deciso a tenere il punto. Non è una novità che il tema del Meccanismo europeo di stabilità (Mes, appunto, o Esm nella dicitura in inglese) torni in agenda, visto che non ne è mai uscito. Da quando l’Italia ha impedito l’entrata in vigore delle nuove competenza dell’organismo nato per assistere i Paesi in difficoltà, di Mes non si è mai smesso di parlare. Con la riforma il Fondo avrebbe dovuto svolgere il ruolo anche di strumento di risoluzione delle crisi bancarie, con un fondo unico come cuscinetto finanziario, un elemento centrale del progetto di unione bancaria.
La questione non era formalmente all’ordine del giorno dell’Eurogruppo, ma ufficiosamente e informalmente si continua a richiamare l’attenzione del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, già in più occasioni incalzato su un tema centrale per entrambe le parti e proprio per questo per nessuna delle due parti facile da riconsiderare. Per la maggioranza è diventata una questione di credibilità politica: fare retromarcia vorrebbe dire giocarsi la faccia con gli elettore. Per i partner dell’eurozona vuol dire non avere tutti gli strumenti per rispondere agli shock.