Bruxelles – La difesa come voce di spesa pubblica da privilegiare e non penalizzare ai sensi delle regole comuni di bilancio, ma l’accordo politico di principio deve essere tradotto in pratica. I ministri economici dei Paesi Ue con la moneta unica iniziano un ragionamento finora rimasto sullo sfondo, ma che c’è e si pone come tema. Come e fino a che punto avere un occhio di riguardo su voci strutturali di debito e deficit? Questo l’interrogativo a cui nel 2025 si dovrà dare risposta.
La spesa per la difesa “è un fattore rilevante ai sensi delle nuove regole di bilancio, ma non è stato specificato in dettaglio che cosa vuol dire“, riconoscono fonti Ue qualificate. Da una parte si vuole evitare che i governi nazionali, specie quelli più indebitati come quello italiano, usino questo principio per aprire il rubinetto della spesa evitando di tenerla sotto controllo e ridurla. Perché, aggiungono le stesse fonti, il fattore rilevante per la difesa “non può essere un motivo per violare le regole di spesa, o ignorare che ci sono costi di bilancio”.
Dall’altro lato però occorre dare un seguito ad accordi e promesse. L’obiettivo, politico e contabile, diventa quello di permettere di poter investire in sicurezza e difesa senza ampliare squilibri macro-economici. Una formula tutta da trovare, e senza indugio. Tra nuove esigenze tutte a dodici stelle e nuove politiche Nato, “la spesa per la difesa rischia di diventare permanente e quindi va gestita in modo da non mettere a rischio la sostenibilità del debito”.
Il nodo sta nella natura della spesa. Anche prima della riforma del patto di stabilità con le sue regole, è sempre stato in vigore un principio che differenzia costi temporanei (una tantum) e costi permanenti (strutturali). I primi, proprio per il fatto di non ripresentarsi nel tempo ma di essere eccezionali, non vengono conteggiati ai fini del livello di deficit e debito, poiché sono uscite che poi scompaiono. Le spese permanenti invece restano, e continuano a incidere sui bilanci e la loro sostenibilità, e diventa difficile, se non impossibile, non tenerne conto.
“La spesa per la difesa è spesa”, tagliano corto a Bruxelles. Potrà essere garantita una considerazione diversa rispetto ad altri capitoli, ma comunque sono uscite per le casse dello Stato, sia esso italiano o qualunque altro membro dell’Ue. Ci sarà da cercare un sintesi tra chi nell’Ue predica da sempre rigore e disciplina di bilancio e di invece invoca maggiore flessibilità. Dicotomia e dibattito mai chiuso, e che solitamente contrappone il nord al sud d’Europa. “Spetta agli Stati membri questa discussione”. A Bruxelles si assiste e si attende.