Bruxelles – Yerevan si avvicina un po’ di più a Bruxelles. O almeno ci prova. Il governo armeno ha approvato un disegno di legge volto a presentare al più presto la candidatura per aderire all’Unione europea. Il piccolo Paese caucasico, tradizionalmente alleato di Mosca, sta progressivamente abbandonando l’orbita russa per avvicinarsi all’Europa, ma la strada sembra ancora in salita. Sullo sfondo, come sempre, l’ombra della guerra col vicino Azerbaigian.
Il provvedimento elaborato ieri (9 gennaio) dall’esecutivo armeno durante una riunione impegna l’ex repubblica sovietica a intraprendere formalmente il percorso di adesione all’Ue e dovrà ora essere discusso dal Parlamento nazionale. Il primo ministro Nikol Pashinyan ha sottolineato che vanno compresi “l’essenza e il contesto di questa questione”, riprendendo il suo discorso all’Eurocamera di Strasburgo dell’ottobre 2023, in cui aveva ribadito che “l’Armenia è pronta ad aderire all’Ue, ad allinearsi il più possibile”. Ma ha comunque fatto presente che, nel caso in cui questo processo cominci davvero, non sarà sicuramente breve.
L’iniziativa del governo prende le mosse da una petizione popolare lanciata l’anno scorso, che ha raccolto le 50mila firme necessarie alla presentazione della proposta in Aula. Se i deputati approveranno il testo (il partito al potere, Contratto civile, detiene 71 dei 107 seggi totali del legislativo monocamerale), occorrerà indire un referendum per far esprimere l’elettorato sul tema.
“Se questa legge viene adottata, dobbiamo avere un chiaro piano d’azione”, ha dichiarato il premier, aggiungendo che “dovremmo lavorare insieme all’Ue per discutere e sviluppare la tabella di marcia“. Il giorno prima che il gabinetto appoggiasse il disegno di legge, il titolare degli Esteri Ararat Mirzoyan aveva anticipato che un nuovo partenariato con Bruxelles potrebbe essere siglato nei prossimi mesi, in cui potrebbe essere inclusa la liberalizzazione dei visti.
Negli ultimi anni Yerevan si è progressivamente allontanata dalla Russia di Vladimir Putin per avvicinarsi all’Occidente, intensificando la cooperazione politica, economica e militare con i partner europei. Dopo che Mosca non è stata in grado di garantire i termini di un cessate il fuoco del 2020, secondo i quali avrebbe dovuto impedire all’Azerbaigian di attaccare l’autoproclamata repubblica dell’Artsakh nel Nagorno-Karabakh (un’enclave a maggioranza etnica armena all’interno dei confini azeri), Baku ha invaso la provincia separatista nel settembre 2023, annettendola.
Tuttavia, come anticipato da Pashinyan, procedere sulla strada dell’ingresso in Ue non sarà semplice. Al di là dei proclami politici, Yerevan è ancora fortemente dipendente da Mosca (che mantiene una base militare in territorio armeno) sui piani economico, commerciale ed energetico. Inoltre, i Ventisette sono acquirenti del gas naturale di Baku, che arriva in Europa continentale tramite il Tap (l’ultimo tratto del cosiddetto Corridoio meridionale del gas).
Proprio negli scorsi giorni il presidente azero ha definito una “minaccia fascista” l’Armenia, suggerendo che andrebbe “distrutta”. Non esattamente un’affermazione distensiva, che chiama in questione i progressi (mediati dall’Ue) su una ricomposizione pacifica del conflitto trentennale tra Baku e Yerevan.
Il Cremlino si è limitato a osservare, tramite il suo portavoce Dmitry Peskov, che l’Armenia è libera di decidere della propria collocazione internazionale, ma che non potrà continuare a rimanere un membro dell’Unione economica eurasiatica – l’Uee è un blocco commerciale che riunisce Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Russia – se entrerà nel club a dodici stelle. Lo scorso giugno, Yerevan ha annunciato la sua intenzione di abbandonare il Csto, l’alleanza militare guidata dalla Russia (che comprende gli stessi membri dell’Uee più il Tagikistan), in polemica verso l’incapacità di Mosca di garantire la sicurezza armena durante la campagna lampo azera dell’autunno 2023.