Bruxelles – ‘Signora’ o ‘signore’? Né l’una né l’altro. Quando si acquistano biglietti ferroviari bastano nome e cognome, l’indicazione del genere è superfluo. Non è, nella pratica, indispensabile ai fini della transazione e imporre di specificarlo viola la regole dell’Ue in materia di dati dati personali, previste dal regolamento GDPR. A stabilirlo è la Corte di giustizia dell’Unione europea, che chiarisce l’ambito di applicazione delle nuove normative comunitarie in materia di privacy e trattamento delle informazioni dei cittadini.
Innanzitutto, sottolineano i giudici di Lussemburgo, i dati raccolti “devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario” rispetto alle finalità per le quali sono trattati. Nello specifico, continua l’organismo di giustizia, vendere un titolo di viaggio non giustifica la richiesta di informazioni considerate come oltre lo stretto indispensabile.
La Corte di giustizia ritiene che una personalizzazione della comunicazione commerciale fondata su un’identità di genere presunta in funzione dell’appellativo del cliente – ‘signore’ o ‘signora’ – “non sembri essere oggettivamente indispensabile per consentire la corretta esecuzione di un contratto di trasporto ferroviario”.
In sostanza indicare “signora” o “signore” non è un dato necessario ai fini dell’acquisto del biglietto del treno, e quindi non si può richiedere di indicarlo.