Bruxelles – In uno degli ultimi colpi di coda dell’amministrazione Biden, gli Stati Uniti hanno sanzionato ieri (7 gennaio) Antal Rogán, parte del cerchio magico del primo ministro magiaro Viktor Orbán e membro di rilievo del suo esecutivo. Secondo l’ambasciatore statunitense in Ungheria, il funzionario sarebbe coinvolto in uno schema di corruzione, che lui stesso avrebbe contribuito a creare per beneficiare se stesso e i lealisti del partito al potere, Fidesz. Budapest ha rispedito le accuse al mittente, annunciando che adotterà dei rimedi legali non appena Donald Trump si insedierà alla Casa Bianca.
Con una nota diffusa ieri, il Dipartimento di Stato ha annunciato di aver designato l’alto funzionario dell’esecutivo ungherese Antal Rogán nell’ambito del programma di sanzioni globali noto come Magnitsky Act – un quadro normativo che mira a colpire i responsabili di violazioni dei diritti umani in tutto il mondo (impedendo loro l’ingresso sul suolo statunitense, congelandone i beni sotto la giurisdizione di Washington e proibendo alle aziende Usa di fare affari con loro) e che prende il nome da Sergei Magnitsky, un avvocato russo morto in una prigione di Mosca nel 2009 dove era stato incarcerato mentre indagava sulla corruzione statale nella Federazione.
“Durante il suo mandato”, si legge nel comunicato, “Rogán avrebbe orchestrato schemi volti a controllare settori strategici dell’economia ungherese“, svolgendo “un ruolo centrale nel rendere possibile in Ungheria un sistema che ha avvantaggiato se stesso e il suo partito a spese del popolo ungherese“. “L’attività di Rogán”, continua la nota, “è emblematica del più ampio clima di impunità in Ungheria, dove elementi chiave dello Stato sono stati catturarti da oligarchi e attori non democratici”.
“Coloro che sono strettamente legati al partito politico al potere hanno acquisito enormi patrimoni“, ha dichiarato l’ambasciatore statunitense a Budapest, David Pressman, in una conferenza stampa, aggiungendo che “Antal Rogán è uno dei principali architetti, attuatori e beneficiari di questo sistema di corruzione”.
Today, the United States sanctioned Hungarian Minister Antal Rogán for his central role in facilitating public corruption.https://t.co/HboryOMAvu pic.twitter.com/1gC2FxaQhL
— Ambassador David Pressman (@USAmbHungary) January 7, 2025
Le preoccupazioni di Washington per la corruzione nel Paese mitteleuropeo non sono nuove. Il Congresso ha lavorato per tre anni alle sanzioni comminate ieri a Rogán. “La designazione di oggi non è una decisione che gli Stati Uniti hanno preso alla leggera”, ha ribadito Pressman, sottolineando che “non è comune che gli Stati Uniti designino un ministro in carica” e che “ancora meno comune è farlo in un Paese alleato“.
Rogán, economista di formazione ed ex sindaco di Belváros-Lipótváros (una municipalità della capitale), è da tempo una delle figure chiave del governo – e del sistema di potere – di Orbán. Dal 2015 ha lavorato alle sue campagne elettorali e ha supervisionato la sua potente macchina mediatica (guadagnandosi l’appellativo di “ministro della propaganda”) e attualmente ricopre l’incarico di capo dell’Ufficio di gabinetto del premier magiaro, tramite il quale controlla una vasta gamma di settori che vanno dalle comunicazioni formali dell’esecutivo all’intelligence civile. Prima di far parte del governo, Rogán era stato capogruppo parlamentare di Fidesz.
Naturalmente, la mossa del presidente statunitense uscente Joe Biden è stata immediatamente criticata da Budapest. Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha denunciato la decisione di Washington come un gesto politicamente motivato dell’ambasciatore Pressman, che negli anni si è ripetutamente scontrato con gli esecutivi di Orbán.
“Questa è la vendetta personale contro Antal Rogán dell’ambasciatore inviato in Ungheria dalla fallimentare amministrazione statunitense, che se ne va senza successo e in disgrazia”, ha scritto su Facebook, aggiungendo sollievo per il fatto che “tra pochi giorni gli Stati Uniti saranno guidati da persone che vedono il nostro Paese come un amico e non come un nemico“, in riferimento all’imminente passaggio del testimone tra Biden e Donald Trump.
Sotto la guida autoritaria di Orbán, l’Ungheria è diventata lo Stato membro della Nato più vicino alla Russia di Vladimir Putin, il che ha fatto precipitare le relazioni tra Budapest e Washington negli ultimi anni, soprattutto durante il mandato di Biden alla Casa Bianca. Stando ai rapporti degli osservatori internazionali, la situazione della corruzione nel Paese è sensibilmente peggiorata da quando l’attuale primo ministro è arrivato al potere nel lontano 2010.
L’anno scorso, l’associazione tedesca Transparency international ha classificato l’Ungheria come il membro Ue con l’indice di corruzione più elevato. Un giudizio che pare condiviso anche da Bruxelles. Pochi giorni fa, l’esecutivo comunitario ha definitivamente bloccato oltre 1 miliardo di euro in fondi europei proprio in risposta alle mancate riforme in materia di contrasto alla corruzione, mentre restano bloccati altri 6 miliardi per i rischi connessi allo Stato di diritto.