Bruxelles – All’età di 96 anni, è morto stamattina (7 gennaio) Jean-Marie Le Pen, leader storico dell’estrema destra transalpina che aveva contribuito a creare nella sua forma moderna. Fondatore del Front national e successivamente “disconosciuto” politicamente dalla figlia Marine, che aveva preso la guida del partito ribattezzandolo Rassemblement national e intraprendendo un’opera di normalizzazione, Le Pen è stato una figura estremamente controversa nella Cinquième République francese. Come si vede, oggi, dalle reazioni alla sua scomparsa.
Chi era Jean-Marie Le Pen
Classe 1928, Jean-Marie Le Pen è stato una delle personalità più polarizzanti della storia politica della Francia moderna. Prima di entrare in politica, aveva prestato servizio militare negli anni Cinquanta come membro della Legione straniera tra Indocina e Algeria, dove si sarebbe reso responsabile di atti di tortura ai danni di un detenuto durante la sanguinosa guerra d’indipendenza anti-coloniale. Lui stesso aveva ammesso la tortura alla stampa, per poi smentirla anni dopo in un’autobiografia.
Esponente di punta dell’estrema destra d’Oltralpe, che ha contribuito in prima persona a portare al centro del dibattito politico, ha espresso nel corso della sua lunga carriera (è stato più volte parlamentare ed eurodeputato) posizioni fortemente conservatrici, definite dagli avversari, tra le altre cose, come reazionarie, xenofobe e antisemite. Ha partecipato a sette elezioni presidenziali come candidato del Front national, il partito euroscettico ed ultranazionalista che aveva fondato nel 1972, arrivando al ballottaggio nel 2002 contro il neogollista Jacques Chirac, un risultato inaspettato che sconvolse l’opinione pubblica transalpina.
Alcune delle sue esternazioni più controverse, che gli sono valse anche delle condanne, riguardano l’occupazione nazista della Francia, definita “non particolarmente disumana”, la proposta di isolare i malati di Aids e le camere a gas dei campi di sterminio, derubricate ad “un semplice dettaglio” nel quadro della più ampia vicenda della Seconda guerra mondiale.
L’allontanamento dalla figlia Marine
Quest’ultima affermazione, fatta per la prima volta nel 1987 (sancendo di fatto l’irricevibilità politica del Fn, considerato fino ad allora approcciabile dai conservatori), la ripeté anche nel 2015. Secondo gli osservatori fu quello il punto di non ritorno che fece naufragare definitivamente i rapporti con la figlia Marine – subentratagli quattro anni prima al timone del Fn, ribattezzato nel 2018 Rassemblement national (Rn) – che provvide a sospenderlo dal partito.
I commenti indifendibili di Jean-Marie stavano danneggiando il tentativo di Marine di dédiabolisation del Fn/Rn, quel processo tramite cui la leader della destra radicale ha cercato (e sta ancora cercando) di posizionare il partito lontano dagli estremismi del padre e più vicino al centro del mainstream politico, mostrandolo come una forza capace di assumersi responsabilità di governo.
Secondo i media locali, la capogruppo in Aula del Rn e già tre volte candidata del partito alle presidenziali ha appreso del decesso del padre (con cui ormai non parlava da tempo) mentre era in volo verso la Francia dal territorio d’oltremare della Mayotte, dove si era recata in visita alle popolazioni colpite dal disastroso ciclone Chido che ha martoriato l’arcipelago lo scorso dicembre.
Le reazioni alla morte
La notizia della scomparsa di Le Pen padre ha fatto irruzione nel dibattito pubblico polarizzandolo per l’ennesima volta. Il primo ministro François Bayrou, esponente del partito liberale MoDem, ha salutato “una figura chiave della politica francese”, aggiungendo in tono quasi ammirato che “quando ci siamo scontrati con lui, abbiamo capito che combattente fosse”. L’Eliseo ha commentato la morte di Le Pen rimandandone l’eredità al “giudizio della Storia”, pur esprimendo le condoglianze ufficiali del presidente del capo dello Stato Emmanuel Macron alla famiglia Le Pen.
I suoi sostenitori, o comunque gli esponenti della sua parte politica, hanno difeso quello che definiscono il “patriottismo” del 96enne scomparso. Jordan Bardella, che ha sostituito Marine Le Pen alla guida del Rn nel 2022, ha sottolineato come Jean-Marie abbia “sempre servito la Francia e difeso la sua identità e sovranità“, mentre il vicepresidente del partito Sébastien Chenu lo ha chiamato “un immenso patriota, un visionario e un’incarnazione del coraggio“.
Per Éric Ciotti, fondatore dell’Unione delle destre per la Repubblica (Udr) dopo l’espulsione dai Républicains in seguito proprio all’alleanza elettorale con il Rn alle legislative anticipate della scorsa estate, lo scomparso Le Pen “era un uomo complesso, con lati oscuri ma anche coraggio e patriottismo sincero“.
Di tenore diametralmente opposto i commenti dall’altra parte dello spettro politico. Manon Aubry, capodelegazione all’Eurocamera de La France insoumise (Lfi), il partito di sinistra radicale guidato da Jean-Luc Mélenchon, ha scritto su X che “il rispetto per i morti non deve portare alla cecità nei confronti della sua carriera” poiché “Jean-Marie Le Pen era un noto razzista e antisemita, un adoratore di Pétain (il maresciallo a capo del regime collaborazionista di Vichy, ndr) e un torturatore in Algeria“.
Jean-Marie Le Pen est mort.
Ce n’était pas juste « une figure de la vie politique française » comme réagit François Bayrou.
Le respect pour les défunts ne doit pas conduire à la cécité sur son parcours.
Jean-Marie Le Pen était un raciste et antisémite notoire, adorateur de…
— Manon Aubry (@ManonAubryFr) January 7, 2025
Sulla stessa linea anche il deputato ecologista François Ruffin, secondo cui “se n’è andato un fascista d’altri tempi“, che aveva fondato il Fn “con le Waffen SS“, cioè le truppe paramilitari hitleriane. “Jean-Marie Le Pen è morto”, ha aggiunto, “ma le sue idee razziste restano da combattere“.