Bruxelles – Basta poco, perché si sollevi la polvere nascosta sotto il tappeto. Una serie di tragedie ravvicinate, a cavallo dell’inizio del nuovo anno, a ricordare che la rotta migratoria del Mediterraneo centrale è ancora la più letale, e che nonostante il netto calo di sbarchi rivendicato da Roma a Bruxelles come un grande successo nella lotta contro scafisti e trafficanti il Mare nostrum continua a essere un enorme cimitero. Anche nel 2024, più di 2 mila persone migranti sono morte o disperse cercando di raggiungere le coste dell’Ue. La maggior parte, sulla rotta che dalle spiagge tunisine e libiche punta verso i mari italiani.
Mentre nel 2024 l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) certifica finora la riduzione del 59 per cento degli arrivi irregolari dal Mediterraneo centrale rispetto all’anno precedente, i dati raccolti dal Missing Migrants Project dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) raccontano di un tasso di mortalità in crescita. A 62 mila ingressi irregolari corrispondono 1.695 morti o dispersi. Per ogni cento persone migranti che ce l’hanno fatta, quasi tre non sono mai arrivati. Considerando anche le rotte del Mediterraneo orientale ed occidentale, nel 2024 l’Iom ha documentato 2.279 vittime o dispersi nel viaggio verso l’Europa.
Negli ultimi dieci anni, sono 31.184. Il picco nel 2016, quando secondo il Missing Migrants Project le vittime del Mediterraneo furono 5.136. Negli ultimi anni, il numero di morti e dispersi si è stabilizzato: 2.048 nel 2021, 2.411 nel 2022, 3.155 nel 2023, 2.279 nell’anno appena concluso. Tra loro, 112 minori.
Da quest’ultimo dato ha preso le mosse la denuncia della Coordinatrice speciale Unicef per la risposta ai rifugiati e ai migranti in Europa, Regina De Dominicis, che in un comunicato ha sottolineato che tra le 2.200 persone migranti morte in mare nel 2024 “ci sono centinaia di bambini, che costituiscono uno su cinque di tutte le persone che migrano attraverso il Mediterraneo“, di cui “la maggior parte fugge da conflitti violenti e dalla povertà”. De Dominicis ha ricordato il naufragio poco distante dalle coste di Lampedusa nella notte di Capodanno, che ha lasciato più di 20 dispersi, tra cui 5 donne e 3 bambini, e solo 7 sopravvissuti. Una tragedia arrivata “solo poche settimane dopo che un altro incidente mortale al largo dell’isola ha lasciato una bambina di 11 anni come unica sopravvissuta”.
In queste prime ore del 2025, sono affondate due imbarcazioni di fortuna, dirette verso l’Europa, al largo delle coste della Tunisia. A tre miglia dalla costa di El Attaya, a Kerkennah, sono state salvate 83 persone migranti, insieme ai corpi di 27 compagni di viaggio, tra cui donne e bambini. Mentre a nord est di Djerba, in acque internazionali, è affondata un’altra imbarcazione con 60 persone a bordo.
Unicef ha chiesto ai governi dei 27 Paesi Ue “di utilizzare il Patto sulla migrazione e l’asilo per dare priorità alla salvaguardia dei bambini”, ponendo l’accento sulla “garanzia di percorsi sicuri e legali per la protezione e il ricongiungimento familiare, nonché operazioni coordinate di ricerca e salvataggio, sbarchi sicuri, accoglienza nelle comunità e accesso ai servizi di asilo”.
Ma il focus – a Bruxelles, così come a Roma e nella maggior parte delle capitali europee – è orientato sempre più sulla dimensione securitaria del fenomeno migratorio, sulla riduzione delle partenze, come dimostrano gli accordi che la Commissione europea ha siglato lo scorso anno con i Paesi d’origine e di transito sul continente africano. Tunisia, Mauritania, Egitto, su tutti. L’idea è che, oltre a limitare sempre di più l’ingresso di persone migranti nei Paesi membri, a meno partenze corrispondano necessariamente meno vittime. Di operazioni coordinate di ricerca e salvataggio però, non se ne parla nemmeno più. Anzi, chi ne fa è sempre di più costretto ad arrendersi, come è successo a Medici Senza Frontiere e alla sua nave di ricerca e soccorso, la Geo Barents, che lo scorso 12 dicembre ha annunciato la fine delle operazione nel Mediterraneo centrale “per colpa di leggi assurde e insensate”.
In un duro comunicato, la coordinatrice Margot Bernard ha accusato le autorità italiane di “minare l’operatività” delle navi umanitarie. Secondo Msf, “le leggi e le politiche italiane esprimono un vero e proprio disprezzo per le vite delle persone che attraversano il Mediterraneo”. La linea dura contro i migranti affermatasi in Italia con il governo di Giorgia Meloni è il filo che lega la premier italiana alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che finora ha sempre sostenuto le iniziative di Roma. Ed anche il nuovo commissario europeo per gli Affari interni e la Migrazione, l’austriaco Magnus Brunner, sui recenti naufragi non ha proferito parola. “Quando le politiche europee di deterrenza causano così tanta sofferenza e costano così tante vite, abbiamo il dovere di insistere a favore dell’umanità”, chiudeva Msf annunciando lo stop alle operazioni della Geo Barents. Una nave che, da giugno 2021, aveva effettuato oltre 190 operazioni di salvataggio e soccorso oltre 12.675 persone.