Bruxelles – Non sembra destinato ad esaurirsi il braccio di ferro tra il primo ministro slovacco Robert Fico e l’Ucraina di Volodymyr Zelensky. Dopo lo stop deciso da Kiev, ed ampiamente annunciato, al transito del gas russo attraverso i propri territori, il premier di Bratislava starebbe valutando delle misure di ritorsione che andrebbero a colpire non solo il Paese aggredito ma anche i rifugiati ucraini che risiedono in Slovacchia.
In un video pubblicato su Facebook, il capo dell’esecutivo slovacco Robert Fico ha reso noto che il suo gabinetto ha avviato le discussioni su potenziali misure di ritorsione contro Kiev, in risposta alla decisione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky di interrompere il transito del gas che dalla Federazione Russa attraversava l’ex repubblica sovietica per arrivare in Austria, Cechia, Slovacchia e Ungheria.
Zelensky ha salutato la fine del passaggio del metano di Mosca come “una delle più grandi sconfitte di Mosca“. Per Fico, invece, la mossa ucraina porterà a “sabotare le finanze pubbliche della Slovacchia e danneggiare gli interessi finanziari dell’intera Ue”. E, ha aggiunto, “la Slovacchia deve dimostrare di essere un Paese sovrano“. Il che potrebbe voler dire mettere in discussione per ripicca i sussidi garantiti fin qui ai rifugiati ucraini presenti sul suolo nazionale.
Le azioni che Fico starebbe considerando potrebbero implicare il taglio del sostegno finanziario ad oltre 130mila profughi residenti in Slovacchia (che confina con l’ex repubblica sovietica) nonché la sospensione delle forniture elettriche all’Ucraina, le cui infrastrutture energetiche sono costantemente bombardate dai droni e missili russi. Bratislava potrebbe anche chiedere a Kiev, in mancanza di un rinnovo dei contratti con Gazprom per il transito del gas naturale russo, un risarcimento pecuniario per le perdite che, a detta di Fico, il Paese subirà a causa della chiusura del gasdotto russo-ucraino.
La decisione di lasciar scadere il contratto quinquennale con il gigante statale russo del gas, senza rinnovarlo all’inizio del 2025, era stata presa da Zelensky ben prima della fine dell’anno scorso. Fico aveva contestato ripetutamente questa scelta, tentando di convincere Kiev a tornare sui propri passi perché, ha sostenuto, l’interruzione danneggerà l’Ue più di quanto non danneggi la Russia portando ad un aumento verticale dei prezzi del gas.
Ma Zelensky ha risposto picche e ha tirato dritto, sottolineando che non intende permettere al Cremlino di “guadagnare altri miliardi sul nostro sangue”. E così il premier slovacco si è recato proprio al Cremlino lo scorso 22 dicembre, quando ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin per chiedergli di non chiudere i rubinetti e per proporsi come mediatore nei negoziati di pace con Kiev.
Bratislava, ha assicurato Fico, non soffrirà carenze di gas ma perderà circa 500 milioni di euro all’anno in tasse connesse ai diritti di transito attraverso la Slovacchia verso altri Paesi Ue. E ci sono già degli accordi sostitutivi delle forniture da Mosca (6,5 miliardi di metri cubi nel 2023), che vanno ad aggiungersi al gas che continua ad arrivare dai gasdotti di Austria, Cechia e Ungheria: un contratto pilota a breve termine con l’Azerbaigian e un altro per l’importazione del gnl statunitense via Polonia.
Stando ai dati raccolti dall’associazione europea degli operatori delle infrastrutture del gas (Gie), gli stoccaggi di Bratislava sono pieni al 75,17 per cento – cioè più della media Ue, di poco inferiore al 72 per cento.