Bruxelles – Il 2025 come anno di svolta nel contrasto all’inflazione e ai suoi livelli alti, troppo alti, e lontani dall’obiettivo di riferimento del 2 per cento. Per la Banca centrale europea e la sua presidente, Christine Lagarde, quello che si apre deve essere il momento del ritorno alla normalità. Nel messaggio di auguri per il nuovo anno la numero uno dell’Eurotower traccia il bilancio di quanto avvenuto nel 2024, e anticipa le aspettative per i prossimi 12 mesi.
“Il 2024 è stato l’anno in cui abbiamo registrato progressi significativi nella riduzione dell’inflazione, e auspicabilmente il 2025 sarà il l’anno in cui raggiungeremo l’obiettivo” del 2 per cento, scandisce Lagarde. Rivendica in questo modo l’operato della Bce da lei guidata, le scelte prima restrittive in materia di tassi di interesse e poi l’allentamento della stessa politica monetaria con i tagli operati, l’ultimo a dicembre.
Se il più è fatto, molto ancora resta da fare. E’ vero che la situazione finora ha registrato miglioramenti e che già in tempi non sospetti a Francoforte il 2025 è stato visto come il momento di normalizzazione dell’inflazione, ma nel corso dell’anno che si apre come Bce “continueremo nel nostro sforzo per assicurare che l’inflazione si stabilizzi al 2 per cento“. E’ questo il passo successivo della politica monetaria della Banca centrale europea, che risponde al mandato dell’istituzione, vale a dire la stabilità dei prezzi.
In tal senso Lagarde, senza entrare nel dettaglio, anticipa di essere pronta a “rivedere la nostra politica monetaria“, così da poter “rispondere meglio ad un mondo che cambia”. Vuol dire da una parte eventuali nuovi tagli dei tassi di interesse, se effettivamente l’inflazione dovesse attestarsi ai livelli attesi e desiderati, ma anche misure di risposta a eventuali shock.
La presidente della Bce anticipa che non sarà un anno semplice, vero è che quella di lavoro è “un’agenda ampia”. Permangono incertezze legate alle tensioni geopolitiche, alle scelte che potrà compiere la prossima amministrazione degli Stati Uniti, e la questione energetica sulla scia della decisione dell’Ucraina, peraltro annunciata, di non rinnovare il contratto per il transito del gas russo.