Bruxelles – Niente interferenze straniere, niente manipolazione dell’attività e della vita democratica. L’Unione europea fin qui ha dichiarato guerra e ogni ingerenza che possa influenzare elezioni che libere davvero alla fine rischiano di non essere. In questo senso la minaccia si chiama Russia, contro cui l’Europa degli Stati tanto di sta spendendo per togliere alla propaganda del Cremlino potere e influenza. Ma che succede se sono gli Stati Uniti a entrare a gamba tesa nelle questioni europee? Elon Musk, patron di Tesla e prossimo responsabile per le riduzione della spesa nell’amministrazione Trump che verrà, mette a nudo i limiti dell’Ue.
L’uomo più ricco del mondo si schiera apertamente con l’estrema destra tedesca. Con la Germania che va ad elezioni anticipate il 23 febbraio da oltre Atlantico arriva l’endorsement per Afd, dipinta come l’ultima speranza per il Paese. Un’indicazione di voto dalle ripercussioni forti per l’Ue. Anti-integrazione europea, anti-immigrazione, addirittura anti-euro. Uno schieramento disposto a lavorare con le destre, la chiave di volta per un ritorno agli Stati nazionali.
Elon Musk cerca di scardinare l’Europa. Una eventuale alleanza di forze nazionaliste produce un orizzonte di disgregazione dell’Ue per un ritorno a tanti staterelli che, in un mondo globale, farebbero fatica a rimanere competitivi. Col rischio di innescare litigi tra realtà troppo impegnate a seguire il credo del ‘prima io’. Gli Stati Uniti hanno interesse a indebolire ancora di più un’Unione europea non certo smagliante, e in tutto questo l’Ue deve porsi delle domande. Ci si può ancora fidare di Washington? E’ davvero l’alleato che si crede?
.@elonmusk: „Die #AfD hat verstanden, dass wirtschaftliche Freiheit nicht nur wünschenswert, sondern notwendig ist. Ihr Ansatz zum Abbau staatlicher Überregulierung, zur Steuersenkung und zur Deregulierung des Marktes spiegelt die Prinzipien wider, die Tesla und SpaceX… pic.twitter.com/Xp8nmbGwaK
— Alice Weidel (@Alice_Weidel) December 28, 2024
Finora a Musk è stato chiesto di lavorare contro la diffusione della narrazione filo-russa su X, il servizio di messaggistica istantanea accusata di essere un canale di informazione fertile fino all’eccesso di fake-news. Adesso l’uomo più ricco del mondo diventa il problema vero, e l’Ue dovrà fare qualcosa. Ammesso che ne sia capace o ne abbia voglia.
Certo, Musk parla perché interpellato da die Welt. La politica di redazione la fa il giornale, e non certo la Commissione europea. Eppure l’Ue e i suoi Stati membri non hanno esistato a chiudere tutte quelle testate che in Europa davano spazio alla propaganda russa lesiva degli interessi europei. Perché adesso non si chiedono provvedimenti contro il giornale tedesco? Perché vorrebbe dire che l’Ue dei valori tanto sbandierati procede con censure in modo che non fa onore alla democrazia, certo. Ma perché vorrebbe dire mandare un messaggio politico al prossimo inquilino della Casa Bianca.
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea iper-attiva sui social e pronta commentare in tempo reale qualunque cosa accada, sulle ingerenze di Musk negli affati interni di uno Stato indipendente e sovrano dell’Ue, per di più proprio quello della stesso von der Leyen, non ha trovato nulla da dire. Nessun commento, nessuna parola. Lo stesso vale per politici europei e non. Si lascia correre, attuando di fatto quella politica dei due pesi e delle due misure per cui le ingerenze straniere non sono tutte uguali: quelle russe sono inaccettabili, quelle statunitensi tollerabili.
Dalla vicenda la fortezza Europa ne esce castello di sabbia: fragile, con tanti limiti, e in balia di attori e fattori esterni. Musk non fa altro che ricordare all’Ue la propria inadeguatezza politica ed economica. In un’Europa dove Francia e Germania sembrano aver smarrito ed esaurito il ruolo guida dovrà essere la Commissione a provare a dettare la linea. L’agenda von der Leyen è già comunque dettata da qualcun altro.