Bruxelles – A Tbilisi è andato in scena ieri (29 dicembre) un cambio della guardia relativamente pacifico ai vertici della Georgia, le cui conseguenze sono tuttavia difficili da prevedere. Mentre il nuovo presidente della Repubblica, l’ex calciatore Mikheil Kavelashvili, giurava in Parlamento, migliaia di cittadini continuavano a protestare per il 32esimo giorno di fila contro di lui e il governo di Sogno georgiano. Salomé Zourabichvili, il cui mandato da capo dello Stato è scaduto ieri, ha lasciato la residenza presidenziale permettendo al suo successore di insediarvisi, ma continua a non accettarne la legittimità.
L’inaugurazione di Kavelashvili
Nel suo discorso di insediamento, pronunciato domenica mattina di fronte ai deputati e protetto da una schiera di agenti di sicurezza, Mikheil Kavelashvili ha promesso di essere “il presidente di tutti, indipendentemente dal fatto che io piaccia o meno”. Ha invitato il piccolo Paese caucasico a unirsi intorno a lui e “ai valori condivisi, ai princìpi del rispetto reciproco e al futuro che dovremmo costruire insieme”. Dopo aver prestato giuramento, ha elogiato “le tradizioni, i valori, l’identità nazionale, la sacralità della famiglia e della fede“.
In realtà, durante la cerimonia svoltasi in un emiciclo blindato, il nuovo capo dello Stato si è rivolto ai soli eletti di Sogno georgiano, il partito di governo fondato dall’oligarca filorusso Bidzina Ivanishvili (che applaudiva in prima fila affianco al primo ministro Irakli Kobakhidze), al potere ininterrottamente dal 2012. I deputati delle opposizioni stanno boicottando i lavori dell’Aula e hanno rifiutato di occupare i propri seggi dopo le contestatissime elezioni dello scorso 26 ottobre, denunciate come irregolari a seguito delle segnalazioni degli osservatori locali e internazionali (tra cui quelli dell’Osce).
Chi è il nuovo presidente
Kavelashvili, 53 anni, è un ex calciatore ed ex parlamentare, eletto nel 2016 con Sogno georgiano. Nel 2022 ha fondato un suo movimento, Potere del popolo, che si caratterizza per una retorica anti-occidentale particolarmente aggressiva. Ultranazionalista, è uno dei primi firmatari della cosiddetta “legge russa”, un provvedimento (brutta copia di uno analogo in vigore nella Federazione) bollato come liberticida dalle opposizioni e dalle organizzazioni della società civile, che costringe le entità che ricevono almeno un quinto dei propri finanziamenti dall’estero a dichiararsi “agenti di una potenza straniera“.
Quella legge, adottata dal Parlamento – dominato da Sogno georgiano – la scorsa primavera nonostante un’ondata di proteste oceaniche e aggirando il veto dell’allora presidente Salomé Zourabichvili, è costata a Tbilisi il congelamento del percorso di adesione all’Ue, formalizzato a inizio estate dal Consiglio europeo.
Catena umana
Il cambio della guardia a palazzo Orbeliani, eletto a sede della presidenza dalla stessa Zourabichvili nel 2018, è avvenuto un mese e un giorno dopo la controversa decisione del premier Kobakhidze di sospendere “fino al 2028” i negoziati di adesione al club europeo, resa pubblica lo scorso 28 novembre. Da allora, per quattro settimane, i georgiani si sono riversati nelle piazze della capitale e di altre città per protestare contro il governo e le sue scelte politiche, che temono portino il Paese sempre più nell’orbita del Cremlino e sempre più lontano da Bruxelles (nonostante l’ingresso nell’Unione sia un obiettivo sancito dalla Costituzione).
Così, sabato 28 dicembre (ad un mese esatto dopo l’inizio delle proteste) si sono formate lungo le strade di Tbilisi e di atre città diverse catene umane (ribattezzate “catene dell’unità”) composte da diverse migliaia di persone, in segno di opposizione non-violenta all’inaugurazione di Kavelashvili e per chiedere il rilascio dei detenuti arrestati durante le proteste delle scorse settimane.
Protesters in Georgia formed a “Chain of Unity” by standing hand-in-hand to symbolise solidarity and support for the country’s EU aspirations. Similar events occurred in other major cities.
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— OC Media (@OCMediaorg) December 28, 2024
Le immagini dall’alto dei manifestanti che si tengono per mano, sventolando le bandiere nazionali con le cinque croci e quelle con le dodici stelle dell’Ue (e agitando cartellini rossi per espellere metaforicamente Kavelashvili), ricordano quelle di un’altra catena umana, realizzata sempre in opposizione a Mosca: la cosiddetta “catena baltica” del 23 agosto 1989, quando 2 milioni di cittadini delle allora repubbliche sovietiche di Estonia, Lettonia e Lituania avevano formato un cordone pacifico che si estese da Tallinn fino a Vilnius.
Il passo di lato di Zourabichvili
Con l’insediamento di Kavelashvili, il partito-macchina di Ivanishvili ha virtualmente completato la cattura dello Stato georgiano, tenendo ora in pugno il Parlamento, il governo e la presidenza della Repubblica. La 72enne Salomé Zourabichvili, che rivestiva quel ruolo dal 2018 ed è stata contemporaneamente la prima presidente donna e l’ultima eletta tramite voto diretto a suffragio universale, è diventata negli ultimi mesi la figura intorno a cui si sono riunite le opposizioni parlamentari e quella parte di società che non vuole vedere Tbilisi scivolare verso Mosca, come sottolineato da lei stessa in un recente discorso all’Eurocamera di Strasburgo.
L’ex presidente, discendente di una famiglia di esuli che nel 1921 è sfuggita dall’invasione sovietica della Georgia rifugiandosi a Parigi, ha più volte ripetuto nelle scorse settimane che non accetta come legittima l’elezione del suo successore, in quanto secondo lei è illegittimo lo stesso Parlamento che l’ha nominato lo scorso 14 dicembre. Quella degli ultimi mesi è stata in effetti un’inversione a “U” nella sua presidenza, iniziata sei anni fa con l’appoggio di Sogno georgiano (e una popolarità piuttosto bassa): nell’ultimo tratto del suo mandato, Zourabichvili si è posta in aperta critica del governo e delle sue tendenze sempre più marcatamente autoritarie e filorusse, proponendosi come ultimo bastione a difesa del cammino europeo di Tbilisi e ottenendo un favore di pubblico sempre maggiore.
Ieri ha dichiarato che lascerà la sua residenza, ma ha affermato per l’ennesima volta di ritenersi ancora la “vera” presidente del Paese. “Uscirò da qui, verrò da voi e sarò con voi“, ha detto rivolgendosi alla folla che si era raccolta di fronte a palazzo Orbeliani, ribadendo che “questo edificio è stato un simbolo solo finché c’è stato un presidente legittimo”. “Porto con me la legittimità, porto con me la bandiera, porto con me la vostra fiducia“, ha concluso prima di unirsi ai suoi sostenitori. Ha definito l’inaugurazione di Kavelashvili, che si stava celebrando nei medesimi istanti, una “parodia” dei processi democratici.
Non finisce qui
Ma la mossa di Zourabichvili abbassa solo apparentemente la temperatura dello scontro politico ai vertici istituzionali del Paese caucasico. Se è vero che non c’è stato lo showdown che alcuni osservatori si aspettavano – magari con la presidente uscente platealmente arrestata dalla polizia – è altrettanto vero che in Georgia c’è posto per un solo capo dello Stato. La redde rationem tra l’esecutivo e le forze dell’opposizione pro-Ue, guidate da Zourabichvili, è dunque solo rimandata.
Nel frattempo, lo slittamento di Tbilisi verso la Russia ha fatto scattare delle sanzioni unilaterali da parte di alcuni Paesi – come gli Stati Uniti e i baltici – che hanno adottato misure restrittive contro i quadri di Sogno georgiano e degli apparati di sicurezza responsabili delle violenze sui manifestanti, ma non da parte dei Ventisette. Il massimo che Bruxelles è riuscita a fare, a causa dei veti di Ungheria e Slovacchia, è stato rimuovere le facilitazioni ai visti per i soggiorni brevi in Ue di cui beneficiavano i diplomatici georgiani.