Bruxelles – Il premier slovacco Robert Fico continua a far parlare di sé. O meglio, a far discutere. La sua vicinanza al presidente russo Vladimir Putin non piace né all’Ucraina né ai suoi alleati occidentali, e la disponibilità offerta dal leader slovacco all’inquilino del Cremlino di ospitare a Bratislava colloqui di pace è destinata a far storcere più di qualche naso sia a Kiev sia a Bruxelles. Da Mosca, intanto, arrivano frecciate anche a Parigi, la cui condotta è stata definita “ambigua”, mentre cresce in tutto il Vecchio continente la stanchezza nei confronti della guerra.
L’offerta di Fico
La rivelazione l’ha fatta ieri (26 dicembre) lo stesso presidente russo, secondo cui il premier slovacco avrebbe messo sul tavolo la proposta di mediare nei colloqui per la cessazione delle ostilità in corso in Ucraina da ormai quasi tre anni (se non si considera l’annessione della Crimea, avvenuta nel 2014). Parlando alla televisione nazionale, Putin ha dichiarato che le autorità slovacche “sarebbero felici di fornire il proprio Paese come piattaforma per i negoziati”, aggiungendo che Mosca “non si oppone” all’idea “visto che la Slovacchia ha una posizione così neutrale” e sottolineando che “per noi è un’alternativa accettabile” alla mediazione degli Stati Uniti o di altri partner europei di Kiev.
La neutralità decantata dallo “zar”, in questo contesto, va però letta come vicinanza alle posizioni della Russia (e distanza da quelle dell’Ucraina), per la quale in realtà il governo slovacco è aspramente criticato in Ue insieme a quello ungherese, guidato da Viktor Orbán. La discussione tra Putin e Fico è avvenuta durante la visita “di lavoro” che quest’ultimo ha fatto a Mosca lo scorso 22 dicembre, che il governo slovacco ha descritto come un ultimo tentativo per salvare la fornitura di gas russo a Bratislava in risposta all’indisponibilità da parte di Kiev di rinnovare i contratti in scadenza a fine anno.
Il tema è da giorni al centro di un acceso scontro tra Fico e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, come emerso all’ultimo Consiglio europeo del 19 dicembre: in sostanza, la Slovacchia vorrebbe poter contare ancora sulla fornitura di metano a buon mercato dalla Federazione russa, ma l’Ucraina – il cui territorio è attraversato dai gasdotti che trasportano il gas verso l’Europa – ha categoricamente rifiutato di voler continuare a far guadagnare Gazprom e di finanziare così la guerra di aggressione del Cremlino. Il premier slovacco ha ribadito la propria opposizione all’adesione di Kiev alla Nato, dopo aver già interrotto gli aiuti militari alla resistenza ucraina.
Stanchezza occidentale
Da qualche tempo si parla con sempre maggior insistenza della necessità di avviare dei negoziati di pace tra Russia e Ucraina, perché il sentore tra le cancellerie occidentali – che ufficialmente continuano a dire di voler sostenere Kiev “per tutto il tempo necessario” – è che non si riuscirà a giungere ad una soluzione militare al conflitto e che l’unica via d’uscita sia quella politica.
Lo stesso Zelensky ha recentemente ammesso, per la prima volta dall’inizio dell’invasione nel febbraio 2022, che l’esercito ucraino non sarà in grado di recuperare sul campo di battaglia i territori occupati dai russi, ma che potrebbe negoziarne il ritorno per via diplomatica.
Un recente sondaggio di YouGov ha rilevato che il supporto alla resistenza ucraina “ad oltranza” è fortemente diminuito anche nell’opinione pubblica di vari Stati membri dell’Ue, dall’Italia alla Danimarca e dalla Spagna alla Svezia.
Le accuse di Lavrov
Del resto, è sempre di ieri anche la rivelazione del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, secondo il quale Parigi avrebbe avanzato una proposta di quadro negoziale a Mosca senza apparentemente coinvolgere Kiev. “Diverse volte, attraverso canali chiusi, i nostri colleghi francesi ci hanno contattato”, ha dichiarato il braccio destro di Putin, “tra l’altro, senza l’Ucraina”.
Soprattutto, Lavrov ha criticato l’approccio “ambiguo” della Francia, prendendo di mira in particolare l’iniziativa che il presidente Emmanuel Macron e il primo ministro polacco Donald Tusk starebbero discutendo per garantire il rispetto di un eventuale cessate il fuoco in Ucraina. L’elemento centrale dell’idea di Parigi e Varsavia sarebbe lo stazionamento di qualche decina di migliaia di militari europei lungo la linea del fronte (qualunque essa sarà) in qualità di peace-keepers per impedire che la Russia attacchi nuovamente l’ex repubblica sovietica.
Non si è fatta attendere la risposta francese: dalla diplomazia d’Oltralpe fanno sapere che la responsabilità di porre fine alla guerra è esclusivamente russa, e che qualunque accordo di pace può essere concluso solo alle condizioni poste da Kiev. “Le autorità russe sono abituate a fare dichiarazioni intemperanti per manipolare una guerra di aggressione di cui sono pienamente responsabili. Se la Russia vuole la pace, deve porre fine alla guerra”, la linea ufficiale di Parigi, da dove si ricorda anche che “l’Ucraina ha proposto una formula di pace che la Francia sostiene”. Il riferimento è al piano in 10 punti presentato da Zelensky al summit G20 del novembre 2022.