Bruxelles – Cogliendo quasi tutti di sorpresa, il primo ministro slovacco Robert Fico è volato a Mosca ieri sera (22 dicembre) per incontrare di persona il presidente russo Vladimir Putin. La tensione è alle stelle tra Bratislava e Kiev per via delle forniture di gas russo, che l’Ucraina non vuole più far transitare attraverso il proprio territorio e alle quali, invece, il governo slovacco non vorrebbe rinunciare. E in mezzo alla disputa è finita anche la minaccia di Fico di porre il veto all’adesione dell’ex repubblica sovietica alla Nato.
Una “visita di lavoro”: è questa la giustificazione fornita dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in merito al faccia a faccia tra Robert Fico e Vladimir Putin, avvenuto domenica sera e subito diventato un caso politico tra Mosca, Kiev e Bruxelles. Stando alle ricostruzioni, i colloqui si sarebbero focalizzati principalmente sulla “situazione internazionale” (leggi guerra in Ucraina) e sulla questione delle forniture di gas russo a Bratislava.
Quest’ultimo è uno dei principali elementi che stanno portando su una rotta di collisione la Slovacchia e l’Ucraina, come emerso plasticamente al Consiglio europeo dello scorso 19 dicembre. In quell’occasione, c’era stato uno scambio di accuse tra Fico e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che aveva partecipato alla riunione tra i leader dei Ventisette per chiedere nuove armi e più solide garanzie di sicurezza ai partner europei.
Il nodo del contendere, in particolare, è costituito dall’imminente scadenza (a fine anno) dei contratti quinquennali siglati con Gazprom prima dell’invasione su larga scala del febbraio 2022: Kiev ha annunciato che non intende rinnovarli il prossimo gennaio, non volendo più consentire il transito sul proprio territorio del metano con cui Mosca finanzia la sua guerra in Ucraina. Una presa di posizione che ha irritato il governo di Fico, che perdendo l’accesso alle forniture a buon mercato dalla Russia andrà incontro ad una spesa maggiore per l’approvvigionamento energetico nei prossimi anni.
Il leader slovacco, filorusso e contrario al sostegno occidentale alla resistenza ucraina, ha posto la faccenda in termini di sicurezza nazionale. Una versione rigettata da Zelensky, che al summit della scorsa settimana ha invece redarguito indirettamente Fico bollando come “vergognoso” l’atteggiamento di Bratislava che, di fronte alla perdita di vite umane ucraine, si preoccuperebbe solo di risparmiare sulla bolletta dell’energia. Giovedì scorso, il presidente ucraino era sembrato possibilista, sostenendo che, in linea di principio, il transito di gas attraverso il suo Paese e verso la Slovacchia sarebbe potuto continuare, ma solo nel caso in cui non si trattasse di gas estratto in Russia (e dunque escludendo anche quello che l’Azerbaigian compra da Mosca per rivendere agli Stati europei, come previsto da un contratto pilota recentemente stipulato tra Bratislava e Baku).
Durante l’incontro di ieri, Fico avrebbe ottenuto da Putin la conferma che la Russia sarebbe ancora disponibile a fornire gas al Vecchio continente. Allo stesso modo, i due avrebbero discusso delle possibilità per una soluzione politica alla guerra in Ucraina e delle relazioni bilaterali tra Bratislava e Mosca, che entrambe le parti vorrebbero “normalizzare”.
Il viaggio di Fico (di cui il presidente del Consiglio europeo António Costa ha detto di essere stato avvisato in anticipo) arriva a sei mesi di distanza da quello, avvenuto lo scorso luglio, del suo omologo ungherese Viktor Orbán, il quale aveva già scatenato condanne trasversali a Bruxelles e Kiev per aver incrinato l’unità del fronte occidentale contro la Russia. A fine ottobre, il premier slovacco era già finito al centro delle polemiche – in patria e in Ue – per essere apparso sulla tv pubblica russa contestando le sanzioni contro il Cremlino e mettendo in discussione il sostegno europeo alla resistenza ucraina.
Oltre ad essersi dichiarato pronto a negoziare una tregua con Putin, Fico ha anche promesso di partecipare alla parata militare in programma per il prossimo 9 maggio a Mosca, in occasione dell’80esimo anniversario della vittoria dell’Armata rossa sulla Germania nazista nella Seconda guerra mondiale (che i sovietici avevano ribattezzato “Grande guerra patriottica”).
Da quando è tornato al potere lo scorso anno, il premier slovacco ha interrotto gli aiuti militari a Kiev e ha più volte minacciato di bloccare l’adesione dell’Ucraina alla Nato, una decisione per cui è richiesta l’unanimità dei 32 Stati membri dell’Alleanza. Il suo partito, Smer (di cui fa parte anche il vicepresidente della Commissione europea Maroš Šefčovič, incaricato della gestione del Green deal), è stato espulso dalla famiglia socialista europea nell’ottobre 2023 per essere andato al governo con l’estrema destra e per le sue posizioni filorusse.