Bruxelles – Si chiama ‘leasing sociale‘, ed è una formula di prestito concepita per chi fa più fatica ad arrivare a fine mese e, di conseguenza, vedersi concesso un finanziamento. Pensato per le fasce più a basso reddito, il leasing sociale sta prendendo piede, piano piano, all’interno dell’Ue. Introdotto in Francia per incentivare la rottamazione dell’auto tradizionale per passare all’elettrico e gestito dal ministero dell’Ambiente, lo schema esiste anche in Italia, ed è mirato per quelle famiglie di reddito annuo massimo fino a 14mila euro. Uno strumento utile, su cui però la Commissione europea al momento non intende intervenire.
Roxana Minzatu, vicepresidente esecutiva della Commissione e responsabile per i Diritti sociali, vuole comunque chiarire che Bruxelles non chiude le porte a questo strumento, riconosciuto per sua stessa ammissione come importante, visto che, spiega rispondendo all’interrogazione in materia, “ha il potenziale per diventare uno strumento innovativo per raggiungere obiettivi sociali e sviluppo sostenibile”. La questione di fondo però è uno schema appena nato, tutto nuovo, che rende al momento prematuro ogni tipo di ragionamento.
“Considerando che si tratta di un modello relativamente nuovo, la Commissione non sta attualmente pianificando un quadro di linee guida sul leasing sociale“, chiarisce Minzatu. Discorso chiuso, dunque? No. Perché ad ogni modo “è possibile finanziare progetti pilota di leasing sociale a livello europeo tramite i meccanismi di finanziamento esistenti, come il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e il Fondo sociale europeo Plus, a condizione che tali iniziative soddisfino i criteri necessari di tali meccanismi di finanziamento”.
Stati e regioni sono dunque incoraggiati a fare le loro proposte, per venire incontro anche alle esigenze di quegli oltre 71 milioni di cittadini europei in situazione economica tra il delicato e il complicato, e che non risparmia neppure gli italiani.