Bruxelles – L’Ucraina rimane alta nell’agenda dei leader Ue, i quali cercano di mostrare unità alla vigilia dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca. Riuniti a Bruxelles per l’ultimo Consiglio europeo dell’anno, i capi di Stato e di governo dei Ventisette hanno passato l’intera mattina a discutere di come continuare a sostenere Kiev “per tutto il tempo necessario”. Zelensky continua a chiedere nuove armi e solide garanzie di sicurezza da parte della Nato, ma l’incognita principale rimangono proprio le intenzioni del prossimo presidente statunitense.
Vogliono mandare “un messaggio forte di sostegno a Kiev”, i leader europei riuniti oggi (19 dicembre) per l’ultima volta in questo 2024 al Palazzo Europa – e per la prima volta sotto la guida di António Costa – che sono stati raggiunti per l’occasione dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky in persona. In realtà, nella sessione odierna non sono state prese decisioni particolarmente dirompenti. Passa la linea della continuità, nell’attesa che il prossimo presidente Usa spieghi al mondo come intende uscire dall’impasse sul campo.
Così, nelle conclusioni riguardanti l’Ucraina del Consiglio europeo viene reiterato, come di consueto, l’impegno incrollabile a sostenere il Paese aggredito “per tutto il tempo e con l’intensità necessari” e la volontà di giungere ad una “pace globale, giusta e duratura”, fermo restando il principio cardine per cui “nessuna iniziativa riguardante l’Ucraina deve essere presa senza l’Ucraina”.
Pace sì, ma non ad ogni costo
Pace che però non va precipitata: “Qualsiasi spinta ai negoziati troppo presto sarà in realtà un cattivo affare per l’Ucraina” è l’altolà del capo della diplomazia Ue Kaja Kallas. Che è poi quanto rimarcato dal Segretario generale della Nato Mark Rutte ieri sera a margine di un incontro con Zelensky e la premier italiana Giorgia Meloni tra gli altri. Cioè assicurarsi che “il Presidente e la sua squadra, l’Ucraina, si trovino nella migliore posizione possibile un giorno in cui decideranno di avviare i colloqui di pace”.
D’accordo anche il presidente lituano Gitanas Nauseda, secondo cui “se cercheremo di trarre qualcosa da questa situazione” senza fornire agli ucraini quello che chiedono, tutto quello che si potrà ottenere sarà “una pace ingiusta e insostenibile” per Kiev. “Dobbiamo fare tutto ciò che è nelle nostre mani per sostenere l’Ucraina e renderla forte e, solo allora, procedere al tavolo delle trattative”, ha incalzato, lamentando che finora “non stiamo mantenendo le promesse”.
Sostegno militare
Il Consiglio europeo ha anche chiesto di “intensificare urgentemente gli sforzi” per garantire a Kiev il necessario sostegno militare, “in particolare per quanto riguarda la fornitura di sistemi di difesa aerea, munizioni e missili, nonché la fornitura della formazione e dell’equipaggiamento necessari alle brigate ucraine”.
Zelensky ha quantificato in 19 batterie antiaeree il minimo indispensabile per proteggere le infrastrutture energetiche del Paese dai bombardamenti nemici. I leader Ue hanno richiamato inoltre la necessità di “sostenere e sviluppare ulteriormente l’industria della difesa ucraina e approfondire la cooperazione” con i Ventisette nel settore della difesa. Continua anche la missione di assistenza militare Eumam, con cui l’Unione addestra i soldati ucraini alle tecniche di combattimento Nato.
Sostegno finanziario
Un altro punto importante delle conclusioni riguarda l’impegno finanziario delle cancellerie europee a sostegno di Kiev. Mentre il Fondo europeo per la pace (Epf nell’acronimo inglese) rimane bloccato a causa dei veti di Budapest, nell’anno che si sta chiudendo saranno stati erogati al Paese aggredito circa 16,2 miliardi di euro tramite lo Strumento per l’Ucraina.
Per il 2025 sono previsti ulteriori esborsi per circa 12,5 miliardi, cui si dovrebbero sommare altri 18,1 miliardi nell’ambito del prestito G7 (il cui acronimo inglese è Era) concordato la scorsa estate, che dovrebbe far finire complessivamente nelle casse di Kiev 45 miliardi raccolti con gli extraprofitti degli asset russi congelati. Tali beni, si legge nel testo delle conclusioni, “dovrebbero rimanere immobilizzati fino a quando la Russia non cesserà la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina e non risarcirà i danni causati da questa guerra”, anche se la questione rimane delicata dal punto di vista legale.
Ulteriori finanziamenti, presumibilmente in ingenti quantità, dovranno poi arrivare, a ostilità concluse, nella fase della ricostruzione del Paese martoriato dalla guerra che tra un paio di mesi entrerà nel suo terzo anno. Il Consiglio europeo sottolinea che la Conferenza sulla ripresa dell’Ucraina, che si terrà a Roma il 10-11 luglio 2025, “sarà importante in questo contesto”, cioè per mobilitare un adeguato flusso di capitali verso l’ex repubblica sovietica.
Garanzie di sicurezza
Un tema fondamentale, sollevato per l’ennesima volta dal presidente ucraino durante una conferenza stampa a margine del Consiglio europeo, è quello delle garanzie di sicurezza richieste da Kiev ai suoi alleati occidentali. Zelensky ha ammesso di non poterne “discutere pubblicamente” poiché “non c’è ancora una decisione”, ma ha dichiarato che “c’è una certa volontà politica e la totale comprensione che Putin è pericoloso e non si fermerà”.
Il ragionamento fila. “Vogliamo porre fine alla guerra, vogliamo la pace”, ha insistito il leader ucraino, “ma dobbiamo avere garanzie di sicurezza che ci aiuteranno a proteggerci domani”, perché stipulare frettolosamente un cessate il fuoco senza una chiara roadmap su cosa accadrà dopo è il modo migliore, dice, non per arrivare alla pace ma per “congelare il conflitto” e dare tempo al presidente russo Vladimir Putin (definito un “pazzo”) per riorganizzare le forze e attaccare nuovamente “tra sei mesi, un anno, due anni”.
Sul punto, però, una cosa è chiara. “Credo che le garanzie di sicurezza europee non saranno sufficienti per l’Ucraina”, ha scandito Zelensky, riprendendo un concetto già espresso nei mesi scorsi: “Per noi la vera garanzia, ora o nel futuro, è la Nato, e la Nato dipende dalle decisioni prese da europei e americani”. Sarà dunque fondamentale capire come vorrà muoversi il neo-rieletto presidente statunitense Donald Trump, che in campagna elettorale ha millantato di poter risolvere il conflitto in 24 ore. Per il capo dello Stato ucraino, “Trump è un uomo forte ed è molto importante averlo dalla nostra parte” affinché “ci aiuti a fermare la guerra”: “Conto di avere tempo per parlare, pensare, ascoltare la sua visione e mostrargli la nostra”, ha spiegato ai giornalisti, perché “è molto difficile sostenere l’Ucraina senza l’aiuto degli Stati Uniti”.
I cavalli di Troia del Cremlino
La forza degli alleati di Kiev, ha incalzato Zelensky, sta nella loro unità da una sponda all’altra dell’Atlantico: “L’Europa e l’America possono spingere la guerra verso una fine”, ha detto, sottolineando che “affinché gli Stati Uniti possano esercitare una pressione completa” sul Cremlino serve che anche il Regno Unito sia della partita e che, dall’altro lato della Manica, l’Ue raggiunga “una posizione chiara” e unitaria tra i suoi Stati membri.
Ma, con ogni evidenza, una completa sintonia tra i Ventisette assomiglia a una chimera, non solo per le questioni che riguardano direttamente la guerra in Ucraina ma tutte quelle che hanno a che fare con Mosca, come le sanzioni contro il governo georgiano bloccate lo scorso 16 dicembre dall’Ungheria di Viktor Orbán e dalla Slovacchia di Robert Fico. E per entrambi Zelensky ha avuto oggi delle parole al vetriolo. Ha definito “non molto seria” la proposta, avanzata dal premier magiaro, di una tregua natalizia con annesso scambio di prigionieri, accusando l’uomo forte di Budapest di non avere alcun “mandato per negoziare” un cessate il fuoco di questo tipo poiché “le sue relazioni con Putin sono un po’ troppo cordiali”.
Quanto all’imminente stop alle forniture di gas russo via Ucraina allo scadere dei contratti con Gazprom il prossimo 31 dicembre, lamentato dal primo ministro slovacco, Zelensky ha osservato che “è un po’ vergognoso parlare di soldi” mentre l’Ucraina è sotto attacco. “Non prolungheremo il transito del gas russo” sul territorio di Kiev, ha aggiunto, per non dare a Mosca “la possibilità di guadagnare miliardi aggiuntivi sul nostro sangue”. Proprio nelle ultime ore, del resto, Fico ha ribadito che non intende concedere l’avallo di Bratislava all’adesione di Kiev alla Nato.