Bruxelles – L’impegno dell’Ue per i Paesi dei Balcani occidentali rimane quelle di “avvicinare” gli Stati all’Ue “già durante il processo di allargamento”. Una concessione politica a cui però adesso i leader dell’Unione europea chiedono in cambio un impegno tutto nuovo per “allinearsi al nuovo patto sull’immigrazione” siglato a maggio e che sarà in vigore a giugno 2026. E’ questa la principale novità contenuta nella dichiarazione finale del summit Ue-Balcani occidentali. Un passaggio nel documento di 17 pagine che segna una nuova pressione a fare fronte comune contro i flussi migratori.
Il nuovo patto sull’immigrazione rafforza la responsabilità dei Paesi con la frontiera esterna dell’Ue aprendo ad un regime più facile di detenzione delle persone migranti ai confini. Quello che si chiede ad Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del nord, Montenegro e Serbia, è di ragionare già da adesso in termini di Stati membri dell’Ue, quando saranno loro (in particolare Albania, Bosnia-Erzegovina e Montenegro, bagnate dall’Adriatico) responsabili per porzioni di frontiere esterne.
Da qui la richiesta anche di “lavorare per i ritorni dai Balcani occidentali ai Paesi di origine”. I leader dell’Ue insistono in sostanza sulla politica dei rimpatri e quella dimensione esterna dei fenomeni migratori che mette tutti d’accordo attorno al tavolo, a partire dall’Italia e dal governo di Giorgia Meloni.
Ma il vertice è anche l’occasione per chiedere ai partner dei Balcani occidentali di lavorare più alacremente in senso anti-russo, soprattutto per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico. Si chiede ai sei Paesi candidati all’adesione all’Ue di smettere di rifornirsi presso Gazprom, riducendo quindi i proventi usati per finanziare la guerra contro l’Ucraina. “I partner dei Balcani occidentali dovrebbero utilizzare il meccanismo dell’UE per gli acquisti congiunti di gas naturale e gas naturale liquefatto (Gnl) al fine di ridurre la loro dipendenza dal gas russo”.