Bruxelles – Il mondo cambia, è già cambiato, e profondamente, e in questo mutato scenario l’Ue deve sapersi evolvere, adeguare, muovere. E’ questa la sfida esistenziale di un’Europa chiamata a ragionare su sé stessa, e il nuovo corso a dodici stelle passa da qui, da queste riflessioni che il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, ha fortemente voluto per il suo primo vertice dei leader di sempre nella veste di capo dell’istituzione comunitaria. ‘L’Unione europea nel mondo’ il nome del punto all’ordine del giorno di un summit interamente dedicato a questioni di politica estera. Un nome forse ambizioso, ma comunque che ben riflette le complessità di un contesto globale sempre più delicato.
“E’ l’inizio di un percorso”, assicurano i bene informati. Non ci saranno conclusioni specifiche sul tema, che Costa vuole lasciare aperto, per creare quella “visione condivisa” che oggi sembra mancare. Si tende ad avere dubbi, a muoversi in ordine sparso. Occorre capire come agire, come relazionarsi a partner nuovi, potenze emergenti, alleati che cambiano atteggiamenti. Qui il riferimento è al presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump. L’obiettivo è costruire un consenso per “un mandato informale”, assicurano le stesse fonti, vale a dire impegni politici non scritti per Commissione europea e Consiglio europeo. Nel mondo che cambia l’Ue deve cambiare, per evitare di restarne ai margini e cercare quanto più di governarlo.
In tal senso la sfida più nuova è quella della Siria, che entra prepotentemente nell’agenda di lavoro dei capi di Stato e di governo dei Paesi dell’Ue. Preoccupa il processo di ricostruzione di un Paese devastato da quasi 14 anni di guerra civile. Si temono nuove ondate di richiedenti asilo, motivo che ha spinto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a volare ad Ankara per stringere nuovi accordi per la Turchia per continuare a fare da tappo e trattenere esuli e profughi. E’ l’Ue che arretra sui valori di unione e accoglienza, ancora una volta, e che nel mondo che cambia sceglie una strategia chiara.
L’intenzione del vertice dei leader è mandare un messaggio “chiaro” sulla necessità di stabilizzare il Paese, ma pure la regione. Il Medio Oriente è un polveriera già esplosa, si vuole riportare stabilità. La questione arabo-israeliana è di quelle complesse, però, con l’Ue ai ferri corti con il governo di un Benjamin Netanyahu considerato da molti, attorno al tavolo, come nuovo criminale internazionale. Fin qui l’Ue ha dimostrato di poter fare poco, e il rischio è che continuerà in tal senso. Nel mondo che cambia Israele resta comunque un altro interlocutore su cui insistere ma fino a un certo punto. Certo, “la situazione a Gaza preoccupa”, ammettono a Bruxelles, ma preoccupa dal 7 novembre 2023, da quando lo Stato ebraico ha iniziato la risposta armata contro Hamas. Poco si muove, e si vuole capire come muoversi.
Il vertice dei leader cerca anche di ragionare al futuro dell’Ucraina, perché nel mondo che cambia non c’è dubbio che qualcosa si possa ridisegnare ancora, in termini di alleanze, relazioni, strategie, se non addirittura in termini di mappe geografiche. Il presidente ucraino Volodymir Zelensky è atteso a Bruxelles per fare il punto della situazione, coi partner Ue pronti a ribadire sostegno incrollabile per permettere a Kiev di ottenere una posizione di forza in vista di negoziati con il presidente russo Vladimir Putin che comunque qualcuno attorno al tavolo dei 27 auspica. La linea di Costa non cambia: l’Ucraina deve vincere questa guerra, e l’Ue ha il dovere di rimanerle accanto fino alla fine.
C’è la sensazione condivisa nelle capitali europee che il conflitto sia arrivato a un punto di svolta. “Siamo in un momento critico”, riconoscono fonti qualificate. Ecco perché “l’Ue ha bisogno di mantenere il sostegno” che è militare, energetico, politico. Il ruolo dell’Ue nel mondo qui viene messo alla prova, perché qui l’Ue si gioca buona parte delle proprie ambizioni e delle propria abilità di esercitare un peso sullo scacchiere internzionale. Quello che è certo, riconoscono le stesse fonti, è che nel 2025 si vogliono dare 30 miliardi extra di sostegno (di cui 8,5 miliardi da asset russi), che si aggiungono ai 124 miliardi di euro garantiti fin qui a vario titolo: “Vogliamo continuare a mettere pressione sull’economia russa”. Un accenno di strategia in un’Ue desiderosa di trovare il proprio posto nel nuovo mondo.