Bruxelles – I Paesi candidati all’adesione Ue sono passati sotto la lente di ingrandimento del Consiglio Affari Generali Ue, che ha approvato le sue conclusioni sull’allargamento. Su Albania, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Macedonia del Nord, Moldova, Montenegro, Serbia, Turchia e Ucraina, la Commissione europea aveva già pubblicato il pacchetto sull’allargamento Ue il 30 ottobre, insieme ai report per Paese, i cui progressi sono ora stati analizzati dai 27.
In generale, oltre a ribadire l’impegno per l’allargamento, in linea anche con l’Agenda strategica dell’Ue per il periodo 2024-2029, il Consiglio ha condiviso le conclusioni dell’esecutivo Ue riguardo ai Paesi candidati all’adesione. Grande importanza alla politica estera e di sicurezza comune (Pesc), per cui non vengono fatti sconti ai candidati sulla necessità di coerente e costante allineamento con l’Ue, come anche nei confronti del rispetto dei diritti umani. Per quanto riguarda lo Stato di diritto, a tutti i Paesi candidati si chiedono impegno e riforme consistenti. In sostanza, dai 27 è stata ribadita la necessità di rispettare i criteri dell’allargamento, cosiddetti criteri di Copenaghen, per raggiungere l’acquis comunitario, il cuore dei diritti e degli obblighi alla base del diritto Ue.
Per la Pesc, Montenegro, Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Moldova e Ucraina sono i Paesi che stanno dimostrando allineamento con l’Ue. Nonostante questo, ci sono ancora molte aree in cui tutti i candidati stanno zoppicando, cruciali per lo Stato di diritto, come la libertà di espressione o la tutela dei diritti umani.
Fuoriclasse la Moldova, che sta procedendo spedita verso l’adesione, con dei miglioramenti consistenti nell’area dei diritti umani come anche nella tutela delle libertà fondamentali, come anche il Montenegro che sta facendo dei miglioramenti consistenti.
Al contrario, l’Albania resta indietro per libertà di espressione e accesso ai media, come anche la Bosnia-Erzegovina, per cui non ci sono progressi. Entrambi i Paesi sono in difficoltà anche per quanto riguarda i diritti umani, per quanto l’Albania stia facendo meglio. Bene la teoria, meno la pratica per la Macedonia del Nord, che pur avendo inserito l’integrazione europea come il suo obiettivo strategico, sta procedendo in modo meno convincente per le modifiche da fare.
La Turchia, come anche la Serbia e la Georgia, erano nel ‘libro nero’ dei candidati già nelle conclusioni della Commissione. Il primo grande problema è che tutti e tre i Paesi sono più spostati verso Mosca di quanto (poco) sia tollerabile dall’Ue, impegnata totalmente nel supporto dell’Ucraina, per cui ci sono delle divergenze non di poco conto che anche il Consiglio fa notare, spronando per dei miglioramenti.
L’acquis comunitario è un sogno lontano, in Stati in cui il rispetto dei diritti della persona e le libertà fondamentali sono solo concetti astratti. Alla Serbia, il Consiglio chiede di rispettare gli impegni presi per normalizzare le relazioni con il Kosovo e di “dimostrare maggiore volontà politica accelerando ulteriormente le riforme e fornendo risultati concreti e tangibili”.
“Situazione persistente e profondamente preoccupante nell’area della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali” per la Turchia, che continua nel suo limbo di Paese che vorrebbe accedere senza mai risolvere le problematiche che la tengono sempre ad un passo di troppo da Bruxelles, come la questione cipriota. Sicuramente, notevole la coordinazione Ue-Turchia nei temi della migrazione, ma il processo di adesione resta congelato dal 2018 e la vicinanza tra Putin ed Erdogan fa storcere ulteriormente il naso all’Ue.
Tempestosa la situazione politica in Georgia. La vittoria del partito filorusso Sogno Georgiano, gestito dall’oligarca Bidzina Ivanishvili, preoccupa notevolmente l’Ue, nonostante la manifesta opposizione della popolazione georgiana, di vocazione marcatamente europeista. Le posizioni del governo georgiano si stanno distanziando in modo siderale da quelle europee e viene espresso forte rammarico per la decisione “di sospendere il processo di adesione del Paese all’Ue fino al 2028”.
Sull’Ucraina il discorso è differente. Il Paese risente degli oltre mille giorni di combattimenti nel proprio territorio dopo l’invasione russa, per cui i progressi, anche se in alcuni campi sono ridotti, hanno un peso specifico differente. Nonostante ciò, ci sono miglioramenti persino nel settore economico, dove nel complesso tutti i Paesi candidati stanno facendo bene.
In vista del Vertice con i leader dei Balcani occidentali, anche se è stato ribadito che non si parlerà di allargamento, e del Consiglio europeo, i leader dei 27 mettono nero su bianco il loro messaggio. Oltre ad osservare i progressi e monitorarli attentamente, il Consiglio chiede responsabilità “e (che i partner, n.d.r) dimostrino la credibilità dei loro impegni e della loro volontà politica attraverso l’attuazione delle riforme necessarie e progressi tangibili”.