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    Home » Politica Estera » Nato, l’allarme di Rutte: “Passare a una mentalità di guerra”. Il 2 per cento del Pil in difesa non basta più

    Nato, l’allarme di Rutte: “Passare a una mentalità di guerra”. Il 2 per cento del Pil in difesa non basta più

    Ospite di Carnegie Europe, il segretario generale della Nato alza l'asticella della spesa militare: "Avremo bisogno di molto di più", perché la Russia "si sta preparando a un conflitto a lungo termine". Rutte punta il dito anche contro Pechino, che si sta rafforzando "senza trasparenza e limitazioni"

    Simone De La Feld</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@SimoneDeLaFeld1" target="_blank">@SimoneDeLaFeld1</a> di Simone De La Feld @SimoneDeLaFeld1
    12 Dicembre 2024
    in Politica Estera
    nato rutte

    NATO's Dutch Secretary General Mark Rutte looks on as he answers journalists' questions during a NATO (North Atlantic Treaty Oganization) Foreign Ministers' meeting at the Nato headquarters in Brussels, on December 3, 2024. (Photo by JOHN THYS / AFP)

    Bruxelles – Non perde tempo Mark Rutte, il nuovo segretario generale della Nato. La sua prima uscita pubblica di spicco dopo essersi insediato alla guida dell’Alleanza militare atlantica è quasi un appello alle armi: “È ora di passare a una mentalità di guerra“, ha affermato l’ex premier olandese, perché “il pericolo si muove verso di noi a tutta velocità”. Di fronte ad una Russia che “si sta preparando a un conflitto a lungo termine” e che nel 2025 spenderà tra il 7 e l’8 per cento del Pil per armarsi, la soglia del 2 per cento fissata dalla Nato non basta più.

    “Avremo bisogno di molto di più”, ha avvisato Rutte, incalzato dalla direttrice di Carnegie Europe, Rosa Balfour, di fronte ad una platea composta da giornalisti, funzionari europei, imprenditori ed esperti del settore della difesa. Un nuovo obiettivo di spesa militare condiviso a livello Nato ancora non c’è, “ma è evidente che nei prossimi mesi dovremmo accordarci su quale sarà la nuova soglia“. Rivolto non solo ai governi di quei pochi Paesi – tra cui l’Italia – che ancora non hanno raggiunto la soglia del 2 per cento, ma alle banche, ai fondi di pensione, fino all’opinione pubblica e ai cittadini, il segretario generale ha affermato chiaramente: “È inaccettabile rifiutarsi di investire nella difesa”. Anche se “significa spendere meno per le altre priorità”, le pensioni, la sanità, la previdenza sociale. L’Alleanza Atlantica “ha bisogno di una piccola percentuale” di quel denaro.

    La minaccia militare, ha messo in chiaro Rutte, non è immediata: “Per ora il nostro deterrente è buono, ma tra tre o quattro anni potrebbe non esserlo più”. Perché è sempre più evidente che Russia, Cina, Corea del Nord e Iran “stanno lavorando insieme per assicurarsi la propria sfera di influenza”. A preoccupare sempre di più, al di là del nemico pubblico numero uno, Vladimir Putin, è l’atteggiamento di Pechino. La Cina “sta aumentando in modo sostanziale le sue forze, comprese le armi nucleari, senza trasparenza e limitazioni”, ha puntato il dito Rutte.

    La “priorità assoluta” per i 32 alleati della Nato è quella di rafforzare l’industria della difesa, segnata da “decenni di investimenti insufficienti” e rimasta “troppo piccola, troppo frammentata e troppo lenta”. Non si tratta solo di spendere di più, ma di spendere meglio. E insieme: per Rutte, a livello europeo sarebbe importante insistere nella direzione di acquisti congiunti, “altrimenti l’impatto finanziario sarà enorme”. Per soddisfare le richieste del segretario generale, la Commissione europea ha già riconosciuto gli investimenti per la difesa come una priorità, allargando le maglie del rigore di bilancio per la spesa pubblica in questo ambito.

    Eppure, alle porte c’è il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, che potrebbe intavolare molto prima del previsto una trattativa di pace con il Cremlino. Dopo l’esito delle elezioni americane, l’eventualità di sedersi a un tavolo negoziale con Putin ha preso peso, anche perché altrimenti Washington potrebbe ridimensionare il suo impegno per la resistenza dell’Ucraina. Per Rutte, le speculazioni sui parametri da mettere in gioco per concludere la guerra vanno a vantaggio di Mosca: “C’è il rischio enorme di cominciare un negoziato senza nemmeno essere seduti al tavolo”, ha avvertito. L’importante sarà assicurare le garanzie di pace richieste da Zelensky, perché se sarà Putin a uscire vincitore dalla trattiva, sarà “un cattivo accordo”.

    Sul rapporto con il nuovo inquilino della Casa Bianca, che minaccia di chiudere l’ombrello di protezione a stelle e strisce sull’Europa, Rutte ha smorzato i toni. “Trump vuole spingerci e ha perfettamente ragione, da quando è diventato presidente nel 2017 abbiamo accelerato” sulla difesa. Ma sia chiaro, la Nato “non vuole spendere di più perché lo vuole lui, ma perché è in gioco la nostra sicurezza”.

    Tags: bornCarnegie EuropedifesaMark Rutteukraine

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