Bruxelles – A.A.A ricerca cercasi. Nell’Ue chiamata a innovare per essere più competitiva, l’Italia non risponde all’appello, posizionandosi agli ultimi posti per spesa nazionale nella ricerca. Nel 2023, rileva Eurostat, il governo ha destinato l’1,31 per cento di Prodotto interno lordo (Pil) alla ricerca, ponendo il Paese al 18esimo posto su 27 per tasso di spesa. Uno sforzo praticamente analogo a quello di dieci anni fa, rileva ancora l’istituto di statistica europea: nel 2013 l’Italia investiva l’1,29 per cento del proprio Pil nel comparto.
A livello Ue, in un decennio, la politica è stata invece di aumento (da 2,08 per cento a 2,22 per cento), e anche il dato del 2023 conferma una tendenza consolidata. Nell’anno considerato l’Ue nel suo complesso ha speso 381,4 miliardi di euro in ricerca e sviluppo, vale a dire il 6,7 per cento in più rispetto all’anno precedente (357,4 miliardi di euro). L’Italia resta praticamente ferma.
Facendo un raffronto con le principali economie dell’eurozona, l’Italia non tiene il passo. La Germania alla fine del 2023 ha investito il 3,11 per cento del proprio Pil in ricerca, la Francia il 2,19 per cento e la Spagna l’1,49 per cento. I principali concorrenti investono di più per essere più innovativi e competitivi, con l’Italia che si espone al rischio di aumento di divario economico con i suoi partner, incluso il rischio sentito all’interno del governo tricolore di un sorpasso da parte della Spagna.
Nell’Ue che investe poco e nell’Italia che investe ancora meno, la spinta a ricerca e sviluppo arriva dal mondo dal settore secondario. L’istituto di statistica europeo rileva come “il settore delle imprese commerciali ha continuato a rappresentare la quota maggiore di spesa“. Nel 2023 ha rappresentato il 66 per cento della spesa in ricerca e sviluppo di tutta l’Unione europea, per un totale di 253,1 miliardi di euro. Segue il settore dell’università (81,7 miliardi di euro, pari al 21 per cento del totale), e solo dopo dal settore pubblico, e quindi dai governi (41 miliardi di euro, pari all’11 per cento). A questo si aggiunge il contributo del settore privato non-profit (5,5 miliardi di euro, pari all’1 per cento).