Bruxelles – Auto, avanti con la rivoluzione sostenibile, ma con moderazione. I popolari (Ppe) sfidano Ursula von der Leyen, anche lei del Ppe, chiedendo un cambio di rotta del Green Deal per l’automobile. Il principale gruppo parlamentare (188 seggi sui 720 complessivi) approva un documento volto, si spiega, a salvare l’industria automobilistica europea. Un testo di sei pagine che se non boccia la condotta della precedente Commissione Ue ne mette sicuramente in dubbio l’efficacia. Due gli elementi principali: la richiesta di un passaggio più graduale all’elettrico (le norme in vigore prevedono lo stop alla produzione dei motori a combustione nel 2035), e l’inclusione di tutte le tecnologie utili al taglio di CO2, compresi i bio-carburanti, su cui tanto l’Italia e il governo Meloni avevano insistito, per l’alimentazione delle auto che saranno prodotte in futuro.
“Serve una revisione degli obiettivi”, e va “mantenuto il mercato dei motori a combustione interna”, sottolinea Jens Gieseke, membro della commissione Trasporti del Parlamento europeo e negoziatore del Ppe per l’automotive. “Servono tecnologie diverse, come e-fuel, ma altre tecnologie che riducono le emissioni possono e dovrebbero essere considerate”, aggiunge. E’ questa l’apertura ai bio-carburanti chiesta dall’Italia nel non semplice negoziato per lo stop al motore tradizionale.
Per ora, sottolinea Gieseke nel corso della conferenza stampa convocata per l’occasione, quello redatto “è un documento del Ppe” indirizzato alla nuova Commissione europea di von der Leyen, con l’auspicio che “non nei primi 100 giorni, ma quanto prima” si apportino le modifiche del caso sul regolamento per lo stop al motore tradizionale per auto e furgoni. Si vorrebbe porre ancor più pressione al collegio dei commissari, con il sostegno degli altri gruppi. L’esponente del Ppe non nasconde di voler vedere “un approccio realistico tra liberali (Re) e socialisti (S&D), e in parte anche tra conservatori (Ecr) e il gruppo de la Sinistra“, in una convergenza e sostegno bipartisan all’iniziativa dei popolari.
A proposito di alleanze, la mossa del Ppe può produrre come diretta conseguenza un allargamento alle forze sovraniste, viste le richieste di passi indietro arrivate dal leader della Lega, che siede nel gruppo dei Patrioti per l’Europa. Si vedrà, se e quando sarà il momento di rimettere mano a un quadro normativo che si ritiene doveroso, tra le fila del partito di maggioranza in Europa, dover cambiare. A iniziare dalle sanzioni.
Il Ppe vuole evitare che dal 2025 si impongano multe alle case automobilistiche che producono poche vetture elettriche, e viene chiesto espressamente di eliminare le sanzioni. “Dobbiamo permettere all’industria di sopravvivere”, insiste Gieseke. “Non è una buona idea imporre multe in un momento in cui la domanda è bassa. L’elefante nella stanza è che il consumatore non vede i vantaggi della transizione, ad esempio nella disponibilità di infrastrutture”, vale a dire i punti di ricarica. Stop infine all’idea di incentivi per il settore: “Non si tratta di inventare nuovi schemi di sussidi, ma di rivedere il quadro normativo per permettere al settore di sopravvivere”.
Si inalbera contro la proposta Dario Tamburrano, eurodeputato del Movimento 5 Stelle, secondo il quale “chiedere il posticipo della scadenza fissata al 2035 del divieto di immatricolazione delle auto inquinanti è un favore alla lobby dell’industria degli idrocarburi, contraddice l’impegno nella lotta ai cambiamenti climatici e manda in confusione quella parte delle case automobilistiche che hanno pianificato già gli investimenti per la conversione tecnologica”. Per Tamburrano “la crisi dell’auto non nasce dalla transizione verso l’elettrico, ma dalla perdita di potere di acquisto dei consumatori, dalla mancanza di investimenti fatti per sostenere il settore e dalla mancanza di offerta di auto di piccole dimensioni per la classe media e non super berline per le classi abbienti.