Bruxelles – Mentre la Commissione europea predica cautela e rimanda il dibattito sulle conseguenze della caduta di Assad in Siria all’incontro dei ministri degli Esteri dei 27 previsto lunedì 16 settembre, sono già diverse le fughe in avanti delle capitali europee sul tema del diritto d’asilo ai rifugiati siriani. In prima linea Germania e Austria, che hanno già annunciato la sospensione dell’esame delle richieste d’asilo da chi proviene dalla Siria. Ed anche Grecia e Francia starebbero pianificando una simile misura temporanea. Subito è salita sul carro anche l’Italia, che in un vertice di governo presieduto da Giorgia Meloni ha deciso di bloccare le domande d’asilo. “Il Governo – spiega in serata una nota di Palazzo Chigi – ha stabilito, analogamente a quanto fatto da altri partner europei, di sospendere i procedimenti circa le richieste di asilo dalla Siria”. Così, senza neanche sapere chi sarà al governo nel Paese tra poche ore.
Ora che il regime criminale di Assad è caduto, cambieranno inevitabilmente le valutazioni da fare nel concedere o respingere le richieste d’asilo dei cittadini siriani, il cui tasso di riconoscimento – il 92 per cento – è il più alto tra tutte le nazionalità di chi richiede protezione internazionale in Ue. Ma la decisione unilaterale di Berlino e Vienna, a poco più di 24 ore dal rovesciamento della dittatura a Damasco, appare in netta contraddizione con l’obbligo di garantire un accesso effettivo alla procedura d’asilo previsto dal diritto europeo. “Senza discriminazioni quanto alla razza, alla religione o al Paese d’origine”, precisa l’articolo 3 della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati.
Non a caso, i tre Paesi che hanno preso immediatamente la palla al balzo sono quelli che ricevono la maggior parte delle richieste d’asilo dai cittadini siriani. Secondo i dati dell’Agenzia Ue per l’Asilo, anche tra settembre 2023 e agosto 2024 i siriani sono stati la prima nazionalità a chiedere protezione internazionale (è così dal 2013), con circa 180 mila domande presentate nei Paesi europei. La Germania è rimasta il principale Paese di destinazione, con quasi la metà delle domande siriane. Seguono Grecia e Austria, a livelli molto più bassi, che insieme rappresentano meno di un quarto.
Il Segretario generale dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, invita alla cautela. “La Siria – scrive in una nota – ha la straordinaria opportunità di avvicinarsi alla pace e di far tornare a casa la sua popolazione. Ma con la situazione ancora incerta, milioni di rifugiati stanno valutando attentamente quanto sia sicuro farlo. Alcuni sono impazienti, altri esitano”. L’Unhcr consiglia dunque “di rimanere concentrati sulla questione dei rimpatri. Sarà necessaria pazienza e vigilanza, sperando che gli sviluppi sul campo si evolvano in modo positivo, consentendo finalmente ritorni volontari, sicuri e sostenibili con i rifugiati in grado di prendere decisioni informate”. A giudizio di Grandi, “il fatto che le parti in Siria diano priorità alla legge e all’ordine giocherà un fattore importante in queste decisioni. Una transizione che rispetti i diritti, le vite e le aspirazioni di tutti i siriani – a prescindere dall’etnia, dalla religione o dalle convinzioni politiche – è fondamentale per far sì che le persone si sentano al sicuro”.
A fare da apripista a chi ha invece fretta di rimandare a casa i rifugiati la Germania, Paese che ospita attualmente più di mezzo milione di rifugiati siriani, circa la metà di tutti i rifugiati siriani in Ue. Il ministero dell’Interno tedesco ha deciso di stoppare le decisioni sulle richieste di asilo perché, secondo quanto affermato da un portavoce del ministero al quotidiano Der Spiegel, “al momento non è chiaro come si svilupperà la situazione e per questo motivo non è possibile fare delle valutazioni fondate“. Ad essere sospese sarebbero 47,240 domande d’asilo, tra cui circa 46 mila prime richieste, mentre “attualmente” la decisione non avrebbe alcun impatto sulle decisioni già prese.
Pugno durissimo dal governo conservatore austriaco, che oltre a sospendere le richieste d’asilo in fase di valutazione starebbero preparando “un programma di espulsione”. In una nota, il ministero dell’Interno ha dichiarato che “d’ora in poi tutte le procedure in corso verranno interrotte”. Vienna ha dato indicazione inoltre di riesaminare anche i casi di coloro a cui è già stato concesso l’asilo. E di sospendere i ricongiungimenti familiari. “La situazione politica in Siria è radicalmente cambiata, con un’improvvisa accelerazione degli eventi negli ultimi giorni”, ha sottolineato il ministero, ritenendo “importante rivalutare la situazione”. Il ministro dell’Interno Gerhard Karner ha precisato di aver incaricato il suo dicastero di “preparare un programma di rimpatrio ed espulsione in Siria”. Attualmente, in Austria vivono quasi 100 mila siriani e negli ultimi dieci anni circa 87 mila siriani hanno ricevuto una risposta positiva alla loro richiesta di asilo.
Secondo quanto riportato da Reuters, anche la Grecia avrebbe seguito il passo, sospendendo le domande d’asilo di circa 9 mila cittadini siriani. E poche ore dopo, dall’Afp la notizia che il ministero degli Interni francese starebbe “lavorando a una sospensione delle attuali richieste d’asilo dalla Siria” e che “una decisione dovrebbe essere presa nelle prossime ore”. Nel 2023, la Francia ha ricevuto più di 4 mila richieste d’asilo da cittadini siriani.
Ha già optato per la sospensione invece il Belgio, che ospita 35 mila rifugiati siriani e che ha messo in pausa 2,350 dossier. E la Svezia, dove l’Agenzia per la migrazione ha dichiarato che sospenderà temporaneamente le decisioni su domande d’asilo e rimpatri. Anche la Danimarca ha interrotto le valutazioni di 69 domande d’asilo da cittadini di nazionalità siriana. Non è difficile immaginare che altri governi nelle prossime ore possano giungere a (affrettate) conclusioni analoghe. In Olanda, il leader di estrema destra Geert Wilders ha già suggerito al primo ministro Dick Schoof – di cui il suo Partito per la Libertà è azionista di maggioranza – di “rimandare indietro i siriani nei Paesi Bassi che esultano per la nuova situazione in Siria” e di “introdurre immediatamente il blocco dell’asilo per i siriani”.
Tutto questo mentre in mattinata il portavoce del Servizio Ue per l’Azione esterna, Anouar El Anouni, ribadiva che la posizione di Bruxelles rimane “in linea” con quella dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), e cioè che “non ci sono le condizioni per rimpatri sicuri, volontari e dignitosi in Siria“.
L’ultimo rapporto sulla situazione in Siria stilato dall’Agenzia Ue per l’Asilo (Euaa), aggiornato ad ottobre 2024, dipingeva una situazione non priva di tensioni nella provincia di Idlib, controllata dalla milizia islamista, Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), che ha guidato il rovesciamento del regime di Assad e che ha immediatamente preso in mano le redini del Paese, promettendo una transizione pacifica. Secondo l’Euaa, nella scorsa primavera “le rivelazioni di torture e uccisioni extragiudiziali da parte di membri delle forze di sicurezza dell’HTS” innescarono un movimento di protesta contro l’HTS, che chiedeva in definitiva la rimozione del suo leader Abu Muhammad al-Jolani. Proteste represse violentemente dal gruppo armato, con “le forze di sicurezza che hanno picchiato i manifestanti, colpito alcuni di loro con veicoli blindati e usato munizioni vere per disperdere la folla”. A cui ha fatto seguito una campagna di arresti che ha preso di mira figure attive del movimento di protesta in varie località del governatorato.
Non solo, secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr), gli attivisti anti-governativi che hanno scelto di tornare in Siria e – per paura di ritorsioni – hanno evitato le aree sotto il controllo del regime di Assad, “vanno incontro a minacce verbali, molestie, arresti e detenzioni arbitrarie da parte degli attori che hanno il controllo, tra cui le Forze Democratiche Siriane, l’Esercito Nazionale Siriano e Hay’at Tahrir al-Sham”.