Bruxelles – L’accordo di libero scambio Ue-Mercosur è storia, il blitz di Ursula von der Leyen a Montevideo è un successo. Una “pietra miliare storica”, l’ha definito la presidente della Commissione europea, a margine della conclusione dei negoziati lampo con i leader di Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay che chiudono una trattativa lunga un quarto di secolo.
L’annuncio in una breve conferenza stampa (senza la possibilità di porre domande) insieme ai quattro omologhi, il presidente brasiliano Lula, l’argentino Javier Milei, il paraguaiano Santiago Peña e il padrone di casa Lacalle Pou. Dopo 25 anni di trattative e un accordo politico raggiunto e messo da parte nel 2019, è arrivata la firma. Un accordo “ambizioso ed equilibrato”, secondo von der Leyen. Un accordo che “non è solo un’opportunità economica”, ma “una necessità politica” in un contesto geopolitico sempre più competitivo e aggressivo. “Dimostriamo che le democrazie possono contare l’una sull’altra”, ha affermato la leader Ue.
L’intesa Ue-Mercosur apre le porte ad un mercato da oltre 700 milioni di consumatori. L’Ue si garantisce l’ingresso ad un mercato ancora molto protetto, attraverso lo smantellamento progressivo dei dazi sulle esportazioni nel Mercosurdi formaggi e prodotti caseari, vino, liquori, cioccolato, ma anche automobili e macchinari, abbigliamento e calzature. E mette le mani sull’enorme bacino di minerali strategici fondamentali per la transizione verde presenti sul continente andino.
Von der Leyen si è rivolta direttamente alle “60 mila imprese europee, di cui 30 mila Pmi”, che “beneficeranno di tariffe ridotte e procedure semplificate” grazie all’apertura dei mercati con i quattro Paesi latini. Secondo le stime di Bruxelles, le imprese del vecchio continente risparmieranno oltre 4 miliardi di euro di dazi all’anno.
In particolare, la presidente ha lanciato un messaggio agli agricoltori europei, che si oppongono con forza ad un accordo che rischia di mettere in ginocchio tutto il settore. “Abbiamo ascoltato le vostre preoccupazioni e stiamo agendo”, ha affermato, assicurando che “l’accordo Ue-Mercosur “include robuste salvaguardie per proteggere” i produttori dei Paesi Ue e “gli standard alimentari europei non vengono toccati”.
Al suo ritorno da Montevideo, von der Leyen dovrà vedersela con i Paesi membri. In particolare con il presidente francese Emmanuel Macron, che anche ieri aveva definito l’accordo “inaccettabile”. In un post su X, la presidente ha dichiarato: “Ora non vedo l’ora di discuterne con i Paesi dell’Ue”. Forte del sostegno di Germania e Spagna, la leader Ue dovrà convincere i governi più reticenti – oltre alla Francia, gli altri scogli da superare perché l’accordo non venga bloccato sono Italia, Polonia, Belgio, Irlanda – che il sì strappato oggi a Lula e agli altri sudamericani è soggetto a condizioni molto più vantaggiose rispetto a quelle delineate nel 2019.
Ue-Mercosur 2.0: i nuovi termini dell’Accordo
“Si tratta di un accordo nuovo di zecca”, ha affermato oggi un alto funzionario Ue, in cui “sono state ascoltate attentamente tutte le preoccupazioni espresse”. In sostanza, secondo la Commissione europea i mal di pancia delle capitali sarebbero relativi ai termini dell’accordo politico di cinque anni fa, “perché è l’unico che conoscono”. I conti si potranno fare solo a partire dall’inizio della settimana prossima, quando l’esecutivo Ue pubblicherà i nuovi elementi dell’intesa e ne discuterà con il Consiglio dell’Ue e con l’Eurocamera.
Innanzitutto, rivelano fonti vicine ai negoziati, il nuovo Ue-Mercosur “include l’accordo di Parigi sul cambiamento climatico come elemento essenziale“. Significa che entrambe le parti avranno la facoltà di “sospendere in parte o del tutto” i benefici dell’accordo commerciale se una di loro dovesse rinunciare agli impegni sul clima presi nel 2015. Ed è poi stato inserito “un impegno vincolante ad adottare misure per fermare la deforestazione a partire dal 2030”.
Ma non è sull’effettivo impegno nella lotta al cambiamento climatico da parte dei quattro del Mercosur che Parigi, Roma e Varsavia storcono il naso. È perché Francia, Italia e Polonia sono Paesi con una fortissimo comparto agricolo-industriale, il settore messo più a rischio dall’apertura del mercato europeo ai prodotti agricoli, alla carne bovina e al pollame sudamericano. Il team negoziale di von der Leyen sarebbe riuscito a portare a casa una serie di “salvaguardie bilaterali che potranno essere attivate per proteggere specifici settori agricoli“.
In particolare, i prodotti che entreranno nel mercato unico dovranno rispettare gli standard Ue sulle misure sanitarie e fitosanitarie. “Nessun compromesso su questo punto”, garantisce un alto funzionario europeo. Più complessa la questione legata agli standard di produzione, perché “non è possibile imporre ai partner” le proprie regole di organizzazione del lavoro. Per garantire la protezione di specifiche colture nel caso in cui si verificassero distorsioni del mercato, l’accordo Ue-Mercosur concederebbe la possibilità di sospendere “anche a livello nazionale” lo smantellamento dei dazi per un periodo temporaneo. E la Commissione “intende istituire una riserva da un miliardo di euro a cui attingere” per tamponare eventuali perdite degli agricoltori. Ma secondo le fonti “ci sono una serie di garanzie che il mercato non venga disturbato”: in fin dei conti, è l’esempio che porta Bruxelles, se si guarda l’import di carne bovina dall’America Latina, si tratta solo dell’1,6 per cento del consumo totale in Ue.
Anche il Mercosur ha fatto valere le proprie richieste. Rispetto a quanto stabilito nel 2019, Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay “hanno chiesto maggiore spazio politico per mantenere e sviluppare la propria base industriale nazionale”. Maggiore flessibilità insomma, accordata attraverso “un meccanismo di riequilibrio” – sulla base di quanto previsto a livello di Wto – per cui le parti possono ricorrere a un ente esterno per verificare se una determinata misura adottata dal partner “vanifichi o riduca sostanzialmente i benefici” dell’accordo. In tal caso, “la parte ricorrente potrà adottare misure di riequilibrio”.
L’Ue ha poi accettato di modificare da 15 a 18 anni lo scaglionamento dell’eliminazione progressiva delle tariffe per i veicoli elettrici e ibridi. In cambio di un’abbassamento iniziale più consistente. In generale, per quanto riguarda i veicoli, per rispondere alle preoccupazioni del Mercosur sono state introdotte delle clausole di salvaguardie “soggette a un’attivazione più flessibile” rispetto a quelle previste per altri beni. Bruxelles ha ottenuto l’azzeramento di dazi sulle importazioni di materie prime industriali dall’Argentina e sulle importazioni dal Brasile di nichel, alluminio, acciaio e titanio. Mentre con Javier Milei “è stato concordato un certo spazio politico per i prodotti agricoli a causa della difficile situazione di bilancio dell’Argentina”.
Bruxelles sicura: “Il miglior risultato possibile”. Ora l’incognita sulla ratifica
Una cosa è sicura. Accordo che vince, non si cambia. “Il testo è il risultato di duri negoziati che durano da 25 anni e di negoziati molto intensi negli ultimi 6-9 mesi: è il miglior risultato possibile“, afferma un alto funzionario Ue. Indietro non si torna, ed ora è compito della Commissione europea “spiegare esattamente il significato del testo” a Paesi membri ed eurodeputati.
I mesi necessari per finalizzare le traduzioni dell’accordo e limare alcuni cavilli burocratici vengono in soccorso alla Commissione europea, che potrà tastare le nuove eventuali resistenze dei Paesi membri e imporre loro il processo di ratifica più vantaggioso. “La posizione sulla ratifica sarà decisa dalla Commissione a tempo debito“, ha confermato oggi stesso il portavoce responsabile, Olof Gill.
Gli accordi misti, che coinvolgono le competenze dell’Ue e quelle degli Stati membri, sono soggetti all’approvazione sia del Consiglio dell’Ue – all’unanimità – sia dell’Eurocamera, ma anche alle ratifiche in tutti i parlamenti nazionali. Ma l’esecutivo Ue potrebbe forzare la mano e provare a far passare l’intesa come un mero accordo commerciale, che eviterebbe il rischiosissimo passaggio dai parlamenti degli Stati membri. E richiederebbe solo la maggioranza qualificata delle capitali Ue a favore.