Bruxelles – Terremoto politico in Romania. A due giorni dal ballottaggio, fissato per il prossimo 8 dicembre, la Corte costituzionale ha annullato l’intero processo elettorale che aveva portato allo svolgimento del primo turno delle presidenziali, tenutosi due settimane fa. I giudici avrebbero valutato che il voto, dal quale era emerso vincitore a sorpresa il candidato ultranazionalista e filorusso Călin Georgescu, è stato manipolato dalle interferenze di Mosca. Ora bisogna ripartire da zero, mentre si apre il vaso di Pandora politico nel Paese balcanico.
La decisione della Corte
Secondo i risultati oggi annullati Georgescu aveva sbaragliato a sorpresa sia il premier in carica Marcel Ciolacu sia Nicolae Ciucă, i leader dei due partiti tradizionali (Psd e Pnl rispettivamente, alleati al governo a Bucarest) e finendo al ballottaggio – inizialmente previsto per dopodomani – contro la liberale Elena Lasconi, capo del partito di opposizione Usr. Il candidato indipendente proveniente dall’estrema destra populista aveva ottenuto il primo posto con il 22,94 per cento dei consensi (contro il 19,17 per cento della sfidante): un esito che nessuno aveva previsto e che ha creato scompiglio nella politica romena, poiché la sua piattaforma elettorale è marcatamente pro-Cremlino e anti-Nato.
Il primo a riportare la decisione della Corte costituzionale (Ccr), nel primo pomeriggio di oggi (6 dicembre) è stato il sito di notizie G4Media. Secondo le indiscrezioni, la ragione dell’annullamento, deciso all’unanimità dai giudici, risiederebbe nella documentazione di avvenute ingerenze russe: “L’annullamento delle elezioni arriva in seguito alla declassificazione delle informazioni dei servizi segreti che indicano un’interferenza russa nelle elezioni”, riporta il sito.
La desecretazione dei documenti in questione, poi trasmessi a vari apparati dello Stato romeno inclusa la Ccr, è stata decisa dal presidente della Repubblica Klaus Iohannis lo scorso 4 dicembre. Nei giorni scorsi erano state depositate presso la Corte diverse richieste di annullamento del voto di novembre, la maggior parte delle quali citava come motivazione la presunta – e ora verificata – manipolazione dei risultati da parte di agenti russi.
Il vaso di Pandora
Il verdetto, clamoroso almeno quanto la vittoria di Georgescu, deflagra come una bomba sul processo politico romeno, mentre erano già in corso le operazioni elettorali tra le comunità della diaspora in vista del ballottaggio. Ora, per ripetere le presidenziali potrebbero volerci diversi mesi: la Ccr ha stabilito che andrà ripetuto l’intero processo di voto (dalla raccolta di firme a sostegno dei diversi candidati), dunque è verosimile che i romeni possano dover aspettare fino alla primavera 2025 per esprimere di nuovo le loro preferenze.
A questo punto, oltre che sul fato del candidato anti-sistema (che verrà probabilmente accusato di alto tradimento e collusione con il Cremlino), gli interrogativi si addensano anche sulla sorte del premier Ciolacu, che prendendo atto dei risultati del primo turno delle presidenziali (dov’era arrivato terzo con il 19,15 per cento) aveva rassegnato le dimissioni. Il leader del Psd ha salutato la decisione dei giudici come “l’unica soluzione corretta” e ha sottolineato che “la fiducia pubblica nelle istituzioni statali e nei processi democratici su cui si basa il funzionamento del Paese dipende sostanzialmente da questa indagine”.
D’altro canto, non tutta la politica nazionale ha accolto con favore gli sviluppi odierni. La candidata liberale Lasconi, che avrebbe dovuto sfidare Georgescu nel ballottaggio, ha aspramente criticato la sentenza della Corte bollandola come “immorale e illegale” e sostenendo che “infrange l’essenza della democrazia, il voto”. “Oggi è il giorno in cui lo Stato romeno ha calpestato la democrazia”, ha aggiunto. Il capo del partito di estrema destra Aur, George Simion, si è spinto oltre descrivendo il verdetto della Ccr come un “colpo di Stato in pieno svolgimento”.
Statul român a eșuat să apere democrația! pic.twitter.com/lkMVBHDq0s
— Elena Lasconi (@ElenaLasconi) December 6, 2024
A prescindere dal destino dei protagonisti, comunque, a venire messa in discussione è soprattutto la tenuta democratica della Romania, un’ex repubblica sovietica entrata in Ue nel 2007 e solo recentemente ammessa pienamente nello spazio Schengen. L’annullamento del primo turno getta ombre sulla solidità dei processi elettorali nazionali, e rischia di acuire la polarizzazione e l’incertezza nel tessuto sociale, portando potenzialmente a tensioni tra schieramenti politici contrapposti.
Quella della Ccr è una decisione senza precedenti storici in Occidente, e rende la cifra della pervasività delle operazioni ibride che la Russia di Vladimir Putin sta portando avanti da tempo, e non solo nel cosiddetto spazio post-sovietico – come testimoniato dagli esiti delle recenti votazioni in Moldova e dai disordini che stanno sconvolgendo la Georgia.
TikTok nel mirino
Nelle scorse settimane, la stessa TikTok era finita al centro della bufera tra Bucarest e Bruxelles poiché era stata la principale piattaforma su cui Georgescu aveva condotto la propria campagna elettorale, ottenendo successo soprattutto tra le fasce più giovani dell’elettorato. Secondo le accuse delle autorità romene, degli eurodeputati e dell’esecutivo comunitario, il social network non ha messo in campo adeguati strumenti per limitare le interferenze malevole nel processo elettorale del Paese balcanico.
I servizi di Bucarest hanno rilevato che la vittoria di Georgescu è stata facilitata da una campagna mediatica organizzata coordinata da “un attore statale”. Nei documenti forniti dall’intelligence si dimostra l’esistenza di una rete pre-organizzata di utenti che si è attivata all’improvviso due settimane prima del primo round delle presidenziali. Sempre stando alle informazioni diffuse dalle agenzie romene, quasi 1 milione di euro sarebbero stati spesi per la campagna elettorale di Georgescu da un singolo individuo.
Sulla base delle norme europee sui servizi digitali (Dsa), la Commissione Ue ha ingiunto all’azienda di proprietà cinese di congelare e conservare tutti i dati relativi ai rischi sistemici “reali o prevedibili” nei processi elettorali. L’intelligence romena parla di contenuti politici in favore di Georgescu promossi su TikTok senza che ne fosse contrassegnato lo scopo elettorale, un’accusa su cui Bruxelles ha a sua volta battuto per chiedere maggiore trasparenza al colosso digitale.