Bruxelles – Non succede spesso, ma ogni tanto a Bruxelles i partiti italiani di governo e opposizione si ritrovano dalla stessa parte della barricata. È accaduto di nuovo oggi (5 dicembre), in occasione di un confronto con la Commissione europea sulle regole da applicarsi nel 2025 per la pesca nel Mar Mediterraneo, che prevedono una riduzione delle quote di pesca per alcuni stock ittici nel mare chiuso più grande del mondo. L’obiettivo del Berlaymont sarebbe quello di rendere più sostenibile la pratica della pesca professionale, intervenendo sia sulle quote di pescato che sugli strumenti utilizzati dai pescatori.
La decisione dell’esecutivo comunitario, annunciata lo scorso settembre e contestata dagli eurodeputati di Partito democratico e Lega, riguarda la riduzione degli sforzi di pesca nelle acque mediterranee, dove le quote verrebbero ridotte del 38 per cento per quanto riguarda il merluzzo e del 29 per cento per il gambero rosso, mentre la pesca tramite palangari dovrebbe ridursi di un quarto rispetto al 2024. Le riduzioni complessive sono diverse a seconda dei Paesi interessati, e per l’Italia si aggirerebbe intorno al 30 per cento tra il Mar Adriatico, lo Ionio e il Tirreno. La presentazione formale della proposta, che nei piani della Commissione dovrebbe diventare operativa già il prossimo gennaio, avverrà al Consiglio Agrifish del 9-10 dicembre.
Secondo Giuseppe Lupo (Pd), la proposta di Bruxelles rappresenta “un regalo alle imprese di pesca dei Paesi extra-Ue, dai quali già importiamo il 65 per cento del pesce consumato in Europa, ed è incompatibile con la sostenibilità economica e sociale del settore”. Per il parlamentare dem, intervenuto durante un dibattito in commissione Pesca (Pech) all’Eurocamera, per tutelare gli stock ittici e favorirne il ripristino il Collegio “deve innanzitutto combattere le principali cause di inquinamento del Mediterraneo come lo sversamento di acque non depurate e le micro plastiche”, mentre va rivista la decisione in questione poiché “comprometterebbe la sopravvivenza delle attività di pesca del Mediterraneo”.
Anche la leghista Anna Maria Cisint, membra della stessa commissione parlamentare, ha criticato la linea del Berlaymont. La proposta del dipartimento dell’esecutivo comunitario che gestisce i file legati alla pesca (Dg Mare) è da buttare per la deputata del Carroccio. “La nuova Commissione si sta dimostrando peggio della precedente”, ha dichiarato, aggiungendo che “urge un intervento risolutivo a tutela del nostro Paese, considerato che sono a rischio centinaia di posti di lavoro dell’intero comparto ittico, già gravato dalle limitazioni imposte negli ultimi cinque anni”, per evitare che si aggravi lo “stillicidio” dei pescatori italiani.
La proposta della Commissione si colloca nel quadro del cosiddetto piano di gestione pluriennale (Map nell’acronimo inglese) degli stock demersali nel Mediterraneo occidentale, che riguarda quelle specie ittiche che vivono nella parte più profonda dei bacini d’acqua. Il Map adottato nel 2019 ha introdotto un regime di sforzo di pesca per i pescherecci da traino che mira ad una riduzione del 40 per cento fino al 2025, quando si concluderà la fase transitoria.
A partire dal prossimo gennaio comincerà dunque la fase permanente, in cui andranno applicati i nuovi intervalli di resa massima sostenibile (Msy), cioè una strategia di pesca sostenibile che punta a ottenere le maggiori catture prevedibili a lungo termine da un ambiente stabile e “in equilibrio” indicando un valore massimo oltre il quale si presume che la produttività dello stock diminuisca. Le nuove opportunità di pesca saranno determinate sulla base delle raccomandazioni che dovrà produrre il Comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca (Stecf), un organo consultivo che fornisce opinioni all’esecutivo comunitario.