Bruxelles – Gli oltre 4 milioni di giovani europei che ogni anno vengono inquadrati come tirocinanti si mettano il cuore in pace, per ora gli Stati membri non hanno fretta di venire in loro soccorso e mettere fine alla piaga degli stage gratuiti. I 27 non danno seguito alla proposta della Commissione europea, datata 20 marzo 2024, e rimandano la patata bollente alla prossima presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, quella polacca che si insedierà con il nuovo anno.
La questione è stata affrontata ieri (2 dicembre) dai ministri dei Paesi Ue riuniti a Bruxelles al Consiglio Occupazione e Affari sociali. I 27 erano chiamati ad adottare una posizione comune sulla proposta di direttiva avanzata dall’ex commissario Nicolas Schmit, che sancirebbe il principio generale per cui un tirocinante è equiparato ad un lavoratore, e quindi ha diritto a retribuzione, rappresentanza sindacale, protezione sociale. La Commissione europea, consapevole delle resistenze che avrebbe potuto generare, ha escluso di imporre un salario minimo per i tirocinanti, che resterebbe materia di intervento delle autorità nazionali, tenute però a vigilare contro la pratica del lavoro nero e di condurre verifiche.
Sul piatto dei 27, la presidenza di turno ungherese del Consiglio dell’Ue ha messo una proposta che stravolgeva la ben più ambiziosa versione originale della Commissione europea. Sollevando dubbi sul ruolo di mediatore imparziale che dovrebbe svolgere chi detiene la guida semestrale dei Paesi membri. Contro la proposta di compromesso di Budapest si è espressa chiaramente la neo vicepresidente esecutiva della Commissione europea con delega al Lavoro e alle competenze, Roxana Minzatu, secondo cui il testo “distorce gli obiettivi iniziali della proposta della Commissione”. Tra i motivi di preoccupazione, la commissaria Ue ha denunciato la riduzione del campo di applicazione della direttiva, che coprirebbe solo il 22 per cento dei tirocini.
Troppo poco, per venire incontro a quel 60 per cento dei tirocinanti europei che svolge ogni anno lavoro gratuito. La proposta ungherese infatti è stata respinta da una minoranza di blocco di Paesi, guidati da Spagna e Germania. A favore si sono invece espressi la Francia e l’Italia, con l’ambasciatore aggiunto, Stefano Verrecchia, che ha definito il testo proposto da Budapest “più chiaro e focalizzato”. La posizione di Roma è stata duramente criticata da Mario Furore, eurodeputato del Movimento 5 Stelle, che ha accusato il governo Meloni di “voltare le spalle ai giovani”, sottolineando che nella bozza appoggiata dall’Italia “era stato rimosso l’obbligo di retribuzione per tutti i tirocini ed era stato ridotto il campo di applicazione della direttiva stessa rendendola di fatto un guscio vuoto”.
La presidenza ungherese ha dichiarato che “sebbene il Consiglio condivida l’opinione del Parlamento che si tratta di un argomento importante, gli Stati membri sono divisi sul modo migliore per garantire la protezione dei tirocinanti“. Fu infatti l’Eurocamera, nel giugno 2023, a chiedere a gran voce la fine degli stage gratuiti e a dare l’input alla Commissione europea per elaborare la direttiva.
Secondo Budapest, dai “colloqui preparatori” tra i corpi diplomatici dei 27 sarebbe emerso che la proposta ungherese era una sorta di massimo comun divisore, “il massimo che la maggioranza degli Stati membri avrebbe potuto accettare”. Addirittura, alcune capitali vorrebbero “ulteriori deroghe”. Mentre contemporaneamente, altri Stati membri “avrebbero voluto una direttiva molto più dettagliata e meno flessibile”. Così, al termine del dibattito, il ministro ungherese dell’Economia, Marton Nagy, ha constatato la divisione del Consiglio sulla proposta di compromesso e rimandato il dossier alla prossima presidenza polacca. Con tanto di “auguri” ai colleghi di Varsavia per riuscire a sciogliere un nodo davvero intricato: quella di ieri era già la quinta proposta di compromesso avanzata dalla presidenza ungherese del Consiglio.
La Polonia dovrà cercare di ripartire dalle parole di Minzatu, che durante la conferenza stampa a margine del Consiglio Ue Occupazione ha avvertito: “È essenziale garantire che i tirocini in futuro siano allineati a livello di qualità con gli altri posti di lavoro, e quindi che i tirocinanti siano su un piano di parità con gli altri dipendenti”. Nel frattempo, i lavori sono avviati anche al Parlamento europeo. Il dossier è stato preso in consegna dalla commissione Occupazione e Affari sociali (Empl): la relatrice, la socialista spagnola Alicia Homs Ginel, sta incontrando le parti interessate. Il voto in sessione plenaria sulla posizione con cui avviare i negoziati interistituzionali non sarà prima della prossima primavera, confermano fonti dell’Eurocamera.