Bruxelles – Oltre 2,6 milioni di sieropositivi solo in Europa, con più di 650mila casi nell’Area economica europea (Paesi Ue più Islanda, Lichtenstein e Norvegia). I numeri del 2023 sono quelli di un male, l’Hiv/Aids, su cui c’è ancora tanto lavoro da fare. Perché allo stato attuale non esistono vaccini né percorsi terapeutici in grado di debellare la malattia, che prolifera grazie ad abitudini errate, poca prevenzione e ancor meno controlli.
La situazione non migliora. Addirittura peggiora. Nella zona Ue e nei Paesi partner commerciali nel 2023 si sono registrati 24.731 nuovi casi di Hiv, anche più di quelli del 2022 (22.995). Praticamente ogni anno una città grande quanto Ascoli Piceno diventa completamente sieropositiva.
Il virus dell’immunodeficienza umana (Hiv) è un retrovirus che indebolisce le difese contro altre infezioni e malattie. Lo stadio più avanzato dell’infezione da Hiv è l’Aids (Sindrome di immunodeficienza acquisita). Presente in una varietà di fluidi corporei, come sangue, sperma, secrezioni vaginali e latte materno, l’Hiv può essere trasmesso con rapporto sessuali, trasfusioni di sangue, condivisione di aghi contaminati e tra madre e figlio durante la gravidanza, il parto e l’allattamento.
Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), in occasione della giornata mondiale per la lotta all’Aids, ricorda come uno dei principali fattori è come sempre la prevenzione. Allo stato attuale, si denuncia, “più di una persona su dieci affetta da Hiv nell’Ue non è ancora a conoscenza del proprio stato, il che contribuisce a diagnosi tardive, esiti peggiori e alla continua diffusione dell’Hiv”.
Non a caso la politica dell’Unione europea su Hiv/Aids si concentra sulla prevenzione e sul sostegno alle persone affette da questa malattia, con la Commissione europea che ha mobilitato misure e strumenti in diverse aree. Ciò include il supporto agli Stati membri per aiutarli a raggiungere il traguardo previsto dall’Obiettivo 3.3 degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, ovvero porre fine all’epidemia di AIDS entro il 2030. In tale contesto, la Commissione facilita lo scambio di buone pratiche tramite il Comitato per la sicurezza sanitaria, nonché reti dedicate sulla Piattaforma per la politica sanitaria dell’Ue.