Per la prima volta il voto del Parlamento europeo su una nuova Commissione ha registrato meno voti a favore di quanti ne avesse ricevuti il suo presidente nel voto di investitura. Ursula von der Leyen e il suo partito di appartenenza, il Partito popolare europeo, hanno deciso, dopo aver incassato nel primo voto, quello di luglio sulla presidente, di aprire alla destra, nominando un suo esponente vice presidente esecutivo. Ed alla conta finale sono stati persi 31 voti, per una percentuale di “sì” del 51,39 sui 720 deputati, la più bassa della storia.
Il panorama politico dei governi europei non riflette i numeri del Parlamento, con un significativo numero di governi di destra nell’Unione è inevitabile che vengano designati dei commissari di destra, cosa che ha, legittimamente, fatto l’Italia. La decisione però di dare il titolo di “vice presidente esecutivo” ad un rappresentante della destra è stata una scelta politica, che segna il profilo della Commissione. E’ stata una scelta, non era inevitabile.
Von der Leyen, mi ha ricordato oggi un collega, ama sottolineare che “una maggioranza è una maggioranza”, anche se solo di un voto. Tecnicamente è vero, ma politicamente ogni momento segna un passo fatto, una scelta, un indirizzo. E questa presidente ed il suo partito, che ha avuto un buon successo elettorale, hanno scelto di aprire a destra, ed hanno perso voti.
La maggioranza c’è, la Commissione entrerà in carica, ma a che prezzo? I deputati dei partiti che hanno deciso di sostenere questo esecutivo si sono trovati a far parte di gruppi spaccati, alcuni più, alcuni meno, ma comunque divisi.
Le ferite però restano, non si rimarginano durante una legislatura. E i segnali che si mandano vengono interpretati. Il segno qui è di un’Unione che sta perdendo la bussola, che non è né di centro, né di sinistra, né di destra, né di altre formulazioni intermedie. Un’Unione che dice di sostenere l’Ucraina contro l’invasione russa, ma con forze politiche che lo professano in modi e misure sempre più diverse, un’Unione che sui diritti delle donne, sui diritti riproduttivi, ha visioni (e divieti) più diversi, un’Unione che nei rapporti con gli Stati Uniti di Donald Trump sta un po’ contenta e un po’ spaventata, che nei rapporti con la Cina non si capisce più dov’è, e neanche su piccole cose come lo stop alle auto elettriche nel 2035 non ha più, nel Parlamento, una posizione condivisa.
In politica ci vuole il coraggio di scegliere, questa volta però la presidente della Commissione ha scelto, con la grande maggioranza del suo partito, dopo essere stata designata dai governi, di farsi confermare al potere pur rinunciando ad avere dietro un forte puntello politico. Avere una Commissione rapidamente è certo un bene, ci si prepara ai prossimi appuntamenti per tempo, ma farlo mostrando al Mondo quanto si è capace di spaccarsi pur di avere mani libere al comando non è una dimostrazione di forza, ma di disperato desiderio di rimanere in sella.