Bruxelles – Dopo intensi negoziati, il cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah è entrato in vigore nelle prime ore di mercoledì mattina (27 novembre), mettendo in pausa per 60 giorni i combattimenti che dallo scorso ottobre stanno sconvolgendo il sud del Libano e che rischiavano di destabilizzare ulteriormente un Medio Oriente già in fiamme. L’accordo, mediato da Washington e Parigi, prevede la demilitarizzazione del lembo di terra che separa lo Stato ebraico dal Paese dei cedri ed è stato salutato dai leader europei come un successo diplomatico per provare a rispondere alla grave crisi umanitaria in corso. Ma resta da vedere quanto a lungo reggerà la fragile tregua prima che riprendano gli scontri in quel martoriato angolo di mondo.
Il contenuto dell’accordo
Nella serata di martedì (26 novembre), il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha accettato le condizioni del patto stipulato con le milizie libanesi filo-iraniane di Hezbollah, alla cui formulazione hanno lavorato alacremente Stati Uniti e Francia. Una tregua di 60 giorni, il ritiro dei combattenti del Partito di Dio a nord del fiume Litani (circa 25 km a nord della cosiddetta Linea blu, che segna il confine tra Stato ebraico e Paese dei cedri) e lo smantellamento delle infrastrutture dei miliziani, il parallelo ritiro delle forze armate israeliane (Idf) dal Libano meridionale contestuale all’arrivo, sempre a sud del fiume, dell’esercito regolare di Beirut, e infine la creazione di un comitato internazionale di implementazione, presieduto da Washington, sono i punti principali dell’accordo.
Il patto arriva nell’ultimo spiraglio della presidenza di Joe Biden e costituisce – almeno potenzialmente – un significativo punto di svolta nell’ultima drammatica fase della decennale crisi mediorientale, iniziata con gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 che sono immediatamente riverberati anche al confine tra Israele e Libano, un’area controllata da Hezbollah e dove Tel Aviv ha avviato un’invasione terrestre lo scorso mese in risposta al lancio di razzi sul nord di Israele. Le ostilità degli ultimi 13 mesi sono costate la vita a circa 4mila civili libanesi, secondo le autorità di Beirut, mentre almeno 300mila cittadini hanno dovuto abbandonare le loro case.
Ma, per ammissione dello stesso Netanyahu, “la durata del cessate il fuoco dipende da cosa accadrà in Libano”, poiché, “in pieno accordo con gli Stati Uniti, manteniamo totale libertà di agire militarmente” se cambierà la situazione sul campo. L’esercito israeliano attaccherà (supportato da Washington), ha ammonito il capo del gabinetto di guerra, se Hezbollah “tenterà di riarmarsi” e se “cercherà di ricostruire le infrastrutture terroristiche vicino al confine”.
Le reazioni europee
Le reazioni internazionali non si sono fatte attendere. In un comunicato congiunto, il presidente francese Emmanuel Macron e il suo omologo statunitense hanno celebrato il raggiungimento dell’accordo che “farà cessare i combattimenti in Libano e metterà Israele al sicuro dalla minaccia di Hezbollah e di altre organizzazioni terroristiche che operano dal Libano”, e “creerà le condizioni per ripristinare una calma duratura e consentire ai residenti di entrambi i Paesi di tornare in sicurezza alle loro case”. “Gli Stati Uniti e la Francia”, si legge ancora, “lavoreranno con Israele e il Libano per garantire che questo accordo sia pienamente attuato e fatto rispettare”, e “si impegnano inoltre a guidare e sostenere gli sforzi internazionali per il rafforzamento delle capacità delle forze armate libanesi e per lo sviluppo economico in tutto il Libano, al fine di promuovere la stabilità e la prosperità nella regione”.
“L’accordo sul cessate il fuoco in Libano è un sollievo nella devastante situazione in Medio Oriente”, ha commentato l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell, ringraziando l’Eliseo e la Casa Bianca per la loro mediazione. Ora, ha sottolineato il capo della diplomazia a dodici stelle, è però necessario che l’accordo regga e che gli attacchi vengano effettivamente sospesi da entrambe le parti, “per garantire la sicurezza dei cittadini libanesi e israeliani e il rientro degli sfollati”.
The agreement on a ceasefire in Lebanon is a relief in the devastating situation in the Middle East.
I want to praise France and the US for their mediation.
It is now crucial that the ceasefire holds, to guarantee the safety of both LEB & IL citizens, & the return of IDPs. 1/2
— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) November 26, 2024
Altrettanto indispensabile, secondo Borrell, è la “piena implementazione” della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza Onu. La risoluzione, adottata nell’agosto 2006, pone le basi per la cessazione delle ostilità tra Israele ed Hezbollah, che fa parte della galassia di proxies iraniane nella regione. I suoi punti cardine, ripresi dal cessate il fuoco siglato ieri, sono il disarmo del Partito di Dio, il ritiro dell’Idf dal sud del Libano e il mantenimento della sicurezza nell’area da parte delle forze di sicurezza libanesi e dei caschi blu della missione Unifil a guida italiana, che pure è stata coinvolta negli scontri.
Anche la presidente dell’esecutivo comunitario Ursula von der Leyen, la cui seconda Commissione è stata approvata oggi in un voto dell’Eurocamera a Strasburgo, ha dichiarato che quella del cessate il fuoco “è una notizia molto incoraggiante”, sottolineando che “il Libano avrà un’opportunità di aumentare la sicurezza e la stabilità interne grazie alla ridotta influenza di Hezbollah”.
Il presidente uscente del Consiglio europeo Charles Michel ha rimarcato l’importanza dell’accordo di ieri sera come “un passo necessario verso la de-escalation” nello scacchiere mediorientale. Diversi osservatori ritengono, a tal proposito, che il cessate il fuoco con le milizie sciite libanesi possa preludere ad un esito analogo nella guerra di Israele contro Hamas, che da 13 mesi continua a mietere decine di migliaia di vittime (in larghissima parte civili) nella Striscia di Gaza e per la quale la Corte penale internazionale ha recentemente spiccato due mandati di cattura per Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant, accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che proprio nelle ore precedenti l’annuncio del cessate il fuoco presiedeva la riunione dei suoi omologhi del G7 a Fiuggi, si è detto orgoglioso “di aver dato un contributo determinante a questo importante risultato”.