Bruxelles – Attenzione alla spesa pubblica, consolidamento di bilancio, riduzione del debito e riforme. Un menù politico tanto chiaro quanto facile da riassumere in una parola: austerità. Tra i capifila di questo orientamento di bilancio Austria e Paesi Bassi, che oggi questa dottrina da loro professata per anni se la vedono applicare. Perché, strano ma vero, i protagonisti dei rigore hanno situazioni di deficit e debito troppo fuori controllo per non indurre la Commissione europea a intervenire. Risultato: richiesta di correzione del piano di rientro per Amsterdam, richiesta di avvio di procedura per deficit eccessivo per Vienna.
Corsi e ricorsi storici. Proprio chi chiedeva regole e rigide e rigido rispetto delle stesse adesso sono richiamate all’estero. Nell’ambito del semestre europeo, il ciclo di coordinamento delle politiche economiche, l’esecutivo comunitario ritiene che il piano di rientro per deficit e debito dei Paesi Bassi ecceda i massimali di spesa netta sia in termini annuali che cumulativi, e si chiedono le correzioni del caso. Un duro colpo per il governo di estrema destra.
Nessuno sconto neppure per l’Austria. Il rapporto deficit/Pil del Paese resterà al di là della soglia del 3 per cento, per uno scostamento considerato “né temporaneo né vicino alla soglia”, e per questo motivo la Commissione chiede al Consiglio di avviare la procedura per deficit eccessivo. Una richiesta che dovrebbe essere sul tavolo del consiglio Ecofin di gennaio, con il governo di Vienna costretto a una corsa contro il tempo. L’Austria è tra quei cinque Paesi membri a non aver ancora presentato un piano di rientro per gli squilibri (gli altri sono Belgio, Bulgaria, Germania e Lituania). C’è tempo per convincere Commissione e Consiglio a non procedere. Intanto però i due Paesi simbolo della linea dura e severa in tema di conti pubblici finiscono oggetto delle loro stesse ricette.