Bruxelles – Informazioni chiare e sicure? Scelte consapevoli? In materia di etichette alimentari l’Unione europea ha ancora molto lavoro da fare. La Corte dei conti dell’Ue, con apposita relazione, boccia il sistema europeo dell’etichettatura del cibo. Il motivo? Carenze e zone d’ombra, oltre a un sistema tutt’altro che a misura di consumatore e della sua tutela. Sebbene vengano fornite molte informazioni a beneficio di chi fa la spesa tutti i giorni, rilevano i revisori di Lussemburgo, “il quadro giuridico dell’Ue presenta lacune significative e carenze nel monitoraggio, nelle relazioni, nei sistemi di controllo e nelle sanzioni”.
C’è innanzitutto un problema legislativo. Attualmente nell’Unione europea esistono quattro regolamenti principali che disciplinano le informazioni riportate sui prodotti alimentari, oltre a una serie di altri regolamenti relativi a caratteristiche specifiche, come il luogo di origine o gli additivi. Le informazioni obbligatorie comprendono le date di scadenza, gli allergeni, le quantità nette e i dettagli di conservazione.
Secondo la Corte dei conti, oltre a queste informazioni, “alcuni produttori e fabbricanti approfittano della mancanza di armonizzazione delle norme e degli standard per inserire informazioni prive di fonti, spesso non verificabili e talvolta false“.
C’è poi un problema pratico, spiega in estrema sintesi Keit Pentus-Rosimannus, il membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione. “Circa 450 milioni di consumatori dell’Ue sono quindi indifesi di fronte a messaggi volontariamente o involontariamente fuorvianti“. Perché l’Ue è una vera e propria giungla quando si tratta di cercare informazioni sul cibo. Uomini e donne d’Europa sono esposti ad un numero crescente di indicazioni, loghi, slogan, etichette e punteggi “che possono non solo creare confusione, ma anche risultare fuorvianti”. Un rilievo che vale anche per l’indicazione a semaforo più nota come ‘Nutri-score’ che tanto divide gli Stati membri.
Nell’Ue 15 Paesi membri hanno lasciato libertà totale ai produttori, senza indicare loro alcun tipo di etichettatura per gli alimenti. In altri 12 invece esistono sistemi raccomandati a livello nazionale. Così Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi utilizzano il sistema a semaforo, l’Italia quello a batteria con l’indicazione in grammi e in percentuale di calori, grassi, zuccheri e sale. Danimarca, Lituania e Svezia usano invece l’indicazione dei cibi più sani attraverso un’etichetta raffigurante un buco della serratura. La Finlandia utilizza un cuore per tutto ciò considerato buono e sano, Croazia e Slovenia una nuvoletta e un fumetto rispettivamente. Tutti prodotti che possono finire sugli scaffali dell’altro, per la difficoltà a capire cosa questi simboli possano rappresentare.
In questa giungla manca però qualcosa, vale a dire ciò che servirebbe davvero. “Attualmente – denuncia il rapporto della Corte dei conti – non esistono etichette che indichino il grado di trasformazione degli alimenti, anche se i dati scientifici suggeriscono che il consumo di grandi quantità di alimenti ultra trasformati aumenta il rischio di sviluppare malattie legate all’alimentazione”.
Ancora, il rapporto sottolinea anche “la mancanza di armonizzazione delle norme sull’etichettatura precauzionale degli allergeni, l’inadeguatezza delle norme Ue sulla leggibilità e l’assenza di norme europee sulle etichette vegetariane e vegane“, per le quali non esistono standard comuni. Da qui la richiesta per la nuova Commissione europea di “definire rapidamente norme e regolamenti armonizzati per alleviare i problemi di informazione dei consumatori”.