Bruxelles – Il giorno dopo aver sciolto l’intricato nodo sulle vicepresidenze, all’Eurocamera inizia la conta dei voti per il via libera definitivo alla nuova Commissione europea, previsto per mercoledì 27 novembre. Un voto che non dovrebbe presentare particolari insidie per il Collegio – sarà sufficiente che tra i presenti in Aula i sì superino i no -, ma che configurerà senz’altro un sostegno diverso rispetto a quello ottenuto singolarmente da Ursula von der Leyen a luglio. A partire dalla giravolta di Fratelli d’Italia, la cui delegazione – assicurato Raffaele Fitto – è ora pronta ad appoggiare l’insediamento della squadra del von der Leyen-bis.
Le posizioni dei 76 eurodeputati italiani sono già state indicate dai capodelegazione dei propri partiti a Bruxelles. Fatta eccezione per chi deciderà di non seguire la linea – pochi, considerando che il voto sarà palese, ad appello nominale – gli eurodeputati italiani sono divisi in due schieramenti netti: Fratelli d’Italia, Partito Democratico e Forza Italia a favore, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra e Lega contrari. Due schieramenti inediti in patria, che però riflettono lo slittamento a destra in corso nella coalizione a Bruxelles, con la fuoriuscita dei Verdi e l’ingresso, almeno con un piede, di una buona parte dei Conservatori (Ecr) nella maggioranza composta da popolari (Ppe), socialisti (S&d) e liberali (Renew).
I riflettori sono puntati in particolare sulla famiglia socialista, in cui diverse delegazioni nazionali non hanno ancora sciolto le riserve, e con i socialisti francesi che hanno dichiarato a più riprese di volersi opporre. Ma Nicola Zingaretti, capodelegazione del Partito Democratico, si è detto “certo” che i suoi voteranno sì alla nuova Commissione. L’ex segretario dem si è tolto qualche sassolino dalla scarpa: “La storia fa giustizia delle ridicole accuse che ci sono state rivolte in queste settimane e alle quali per carità di patria non ho replicato. La storia dice che in questo Parlamento Raffaele Fitto ha potuto svolgere un’audizione dialettica, sui contenuti, assolutamente rispettosa dell’Italia, del ruolo che ha l’Italia e delle sue posizioni”, ha dichiarato.
Il partito di Fitto e della premier Giorgia Meloni – che è anche presidente dei Conservatori europei – non ha dubbi: incassato il sì alla nomina, la Commissione europea può iniziare. Già ieri sera, il capodelegazione di Fratelli d’Italia, Nicola Procaccini, ha dichiarato che i 24 meloniani “sono orientati a votare a favore”, spiegando che “si tratta di una votazione completamente diversa, con maggioranze completamente diverse”, rispetto a quella sulla presidente dell’esecutivo Ue. D’altronde, lo stesso Manfred Weber, leader del Ppe, ieri sera ha trascinato Meloni nella maggioranza europeista, affermando che “Fratelli d’Italia ha contribuito” quando “i Verdi si sono rifiutati di farlo”.
Porta in faccia ai Verdi ribadita dal capodelegazione di Forza Italia – che nel Ppe conta nove eurodeputati -, Fulvio Martusciello: “È chiaro che chi non vota la Commissione il 27 novembre è fuori dalla maggioranza, e chi è fuori dalla maggioranza deve dimettersi dagli incarichi ricevuti. E quelli dei Verdi sono davvero tanti”, ha dichiarato in una nota. I quattro dei Verdi italiani, guidati da Ignazio Marino, hanno denunciato “l’inaccettabile” accordo sulle nomine, con cui “la maggioranza a sostegno della Commissione von der Leyen cambia in soli tre mesi da una coalizione di centro sinistra a una nuova coalizione di centro destra”. Uno spostamento che “rende impossibile votare positivamente il collegio dei commissari nella prossima plenaria di Strasburgo”.
Durissima anche Valentina Palmisano, eurodeputata del Movimento 5 Stelle, che ha parlato di un “inciucio” tra i gruppi della maggioranza: “L’Europa ha toccato il punto più basso della sua storia e noi siamo orgogliosi di non aver partecipato a questo gioco al massacro”, ha affermato. Gli 8 pentastellati – così come Domenico Lucano e Ilaria Salis, i due di Sinistra Italiana – in linea con il gruppo della Sinistra europea – non sosterranno il von der Leyen-bis. Palmisano ha colto l’occasione per punzecchiare i partiti del governo italiano, che in Europa “vanno completamente ognuno per la propria strada”.
Perché nel fronte del no c’è anche la Lega, coerente con l’anima sovranista del gruppo dei Patrioti di cui fa parte a Bruxelles, ma in contrasto con i due alleati di governo a Roma. Il capodelegazione del Carroccio, Paolo Borchia, ha annunciato in mattinata che “non c’è la disponibilità da parte della Lega a votare questa Commissione”. Anzi, i leghisti si dicono “molto preoccupati perché riteniamo che sia una Commissione di qualità e di competenze basse“. Ad eccezione ovviamente “di Fitto e di Varhelyi (il commissario ungherese, ndr)”, perché lo strappo con Meloni e Orban sia comunque ricucibile. Nessun problema in patria, nessun problema nei Patrioti, nei quali secondo Borchia diverse delegazioni manterranno fede alla propria opposizione a Ursula von der Leyen.
Alla conta dei voti, i 76 italiani non saranno forse decisivi. Ma in questo momento il posizionamento dei partiti italiani riflette più che mai la nuova composizione della maggioranza Ursula. Fuori i Verdi, dentro Ecr.