Bruxelles – L’azzardo del Partito Popolare europeo di modificare la legge Ue sulla deforestazione ha vita breve. A pochi giorni dal controverso voto in Eurocamera che ha sancito l’alleanza tra Ppe ed estrema destra per riscrivere uno dei provvedimenti simbolo del Green Deal, gli Stati membri si sono messi di traverso. Secondo fonti diplomatiche, oggi (20 novembre) alla riunione degli ambasciatori dei 27, “un’ampia maggioranza” di Paesi Ue ha rigettato gli otto emendamenti aggiuntivi approvati sul filo di lana dal Parlamento europeo.
In un inconsueto scambio di ruoli – molto più spesso negli anni passati è stata l’Eurocamera a farsi promotrice di posizioni più progressiste rispetto al Consiglio dell’Ue -, la presidenza di turno ungherese dei 27 ha proposto di non accogliere gli emendamenti aggiuntivi alla proposta di proroga di un anno dell’attuazione del regolamento, a causa delle “difficoltà attuative e i tempi procedurali ristretti”.
Su tutte le furie i popolari, che hanno definito “irresponsabile” il comportamento del Consiglio dell’Ue. Dove però, 14 dei 27 governi sono proprio espressione del Partito Popolare Europeo. Per Christine Schneider, eurodeputata che ha firmato gli emendamenti per il Ppe, il rinvio di un anno non è sufficiente: “I problemi strutturali della legislazione permangono, in particolare gli oneri burocratici e i requisiti di documentazione che opprimono le piccole e medie imprese”, ha denunciato in una nota.
In sostanza, i 27 si sono opposti all’introduzione di una quarta categoria di Paesi – a fianco a quelli a basso, medio e alto rischio – “senza rischio” di deforestazione importata, da cui poter continuare a importare prodotti senza nuovi obblighi. Secondo le fonti, l’Italia si sarebbe invece espressa a favore di emendamenti che “permettono la semplificazione amministrativa”. Pascal Canfin, eurodeputato di Renew, in un post su X ha contato “almeno 24 Stati membri su 27” che si oppongono alle modifiche. Suggerendo inoltre che ora, “per assicurare la proroga di un anno, il Parlamento non ha altra scelta che ritornare alla proposta originale della Commissione europea”.
Con la decisione presa oggi, gli ambasciatori Ue tolgono peraltro la Commissione europea da una situazione scomoda. Se i 27 avessero confermato i controversi emendamenti della cosiddetta ‘maggioranza Venezuela’, von der Leyen sarebbe stata sotto pressione per ritirare il testo. Ritirando però in quel modo anche la proroga di un anno all’attuazione del regolamento – originariamente prevista per il 31 dicembre 2024 – già approvata dalle istituzioni Ue. A questo punto, ricominceranno i triloghi, in cui la presidenza ungherese del Consiglio dell’Ue cercherà di “assicurare una modifica mirata del Regolamento che sia limitata alla sola proroga di un anno per non perdere la possibilità di farla entro la data di applicazione del Regolamento”.