Bruxelles – L’Europa muore di caldo. Davvero. Non si tratta di incidenti sul lavoro, ma il risultato del cambiamento climatico e dell’aumento delle temperature che ne derivano. Un fenomeno talmente presente e sempre più problematico da mettere la politica a dodici stelle in allerta. Dan-Ştefan Motreanu, europarlametnare del Ppe, lancia l’allarme: “Nel 2020 oltre 80mila persone si sono ammalate e 67 sono morte a causa del caldo estremo“, denuncia in un’interrogazione parlamentare. “Ciò rappresenta un allarmante aumento del 42 per cento dei decessi correlati al caldo sul lavoro nell’Ue dall’inizio del secolo”.
I numeri, sostiene l’esponente del Ppe, indicano che “il problema dei lavoratori esposti a temperature estreme sta diventando sempre più serio nell’Ue, poiché il cambiamento climatico aumenta la frequenza e l’intensità delle ondate di calore”.
Nicolas Schmit, commissario per il Lavoro e gli affari sociali, riconosce non solo il problema ma pure la preoccupazione dell’intero collegio. “La Commissione prende molto sul serio i rischi del caldo estremo sul lavoro”, la premessa alla risposta. “Le alte temperature sul lavoro possono causare gravi problemi di salute, sia nei luoghi di lavoro all’aperto che al chiuso“. La questione però può essere affrontata solo fino a un certo punto a livello europeo, poiché lavoro e politiche per il lavoro restano competenze esclusive degli Stati membri. Sono i governi, ricorda il commissario, a dover stabilire come procedere.
Le direttive Ue in materia di salute e sicurezza sul lavoro “stabiliscono requisiti minimi” e gli Stati membri possono adottare misure di protezione più severe, anche stabilendo temperature massime consentite sul posto di lavoro, ma non ci sono obblighi di alcun tipo. “Spetta principalmente alle autorità nazionali far rispettare le misure nazionali che recepiscono le direttive Ue”, continua Schmit.
Quel che è certo è che afa e caldo ancor più estremo iniziano a rappresentare sempre più un problema per l’Ue, da un punto di vista sociale e anche economico. La Banca centrale europea aveva già posto la questione delle ricadute in termini di produttività per lo stress da caldo sul posto di lavoro, avvertendo sui rischi potenziali in termini di performance economiche e di competitività. Adesso però la situazione inizia ad assumere un nuova dimensione.