Bruxelles – Mille giorni dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, l’inasprirsi degli attacchi di Mosca – e lo spauracchio di un disimpegno statunitense con Trump – mettono l’Ue di fronte a scelte fondamentali. Oggi (19 novembre), mentre Volodymyr Zelensky si rivolgeva al Parlamento europeo riunito per la triste ricorrenza, per la prima volta Kiev ha utilizzato missili americani contro un obiettivo militare in territorio russo. Sulle titubanze di diverse capitali Ue a seguire l’esempio di Joe Biden, Zelensky ha dichiarato: “Non temete di dare di più ora”.
Il momento è decisivo. Se da un lato in Occidente si intravedono le prime crepe nel finora saldo supporto alla resistenza di Kiev, dall’altro è ormai sotto la luce del sole l’alleanza tra autocrati che lega Vladimir Putin, l’Iran e la Corea del Nord di Kim Jong-un. Con la complicità di Pechino. “Putin è focalizzato per vincere questa guerra”, ha dichiarato il leader ucraino collegato con Bruxelles da remoto, sostenendo che il contingente nord-coreano già di stanza in Russia “può arrivare a 100 mila soldati”.
Ma “anche con Kim Jong-un al suo fianco, Putin rimane più piccolo della forza dell’Europa unita”, ha spronato gli eurodeputati Zelensky. Il presidente ucraino, consapevole che il ritorno di Trump alla Casa Bianca rischia di rinfoltire il fronte di chi vuole intavolare negoziati con il Cremlino, ha proseguito: “Dobbiamo spingere la Russia verso una pace giusta“. Per farlo, Kiev deve sedersi al tavolo da una posizione più forte. Secondo Zelensky Mosca “non si impegnerà in negoziati significativi prima che vengano distrutti i suoi depositi di munizioni, la sua logistica militare, le sue basi aeree”. Il messaggio è chiaro: i 27 devono superare le proprie reticenze e permettere a Kiev di utilizzare le armi europee per attaccare gli obiettivi militari sul territorio russo.
Il capo di stato ucraino ha sottolineato inoltre l’importanza della politica delle sanzioni: “In questi mille giorni è stato fondamentale ridurre radicalmente la capacità della Russia di finanziare questa guerra attraverso le vendite di petrolio, la linfa vitale del regime di Putin”, ha affermato. Prima di lui, la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, ha ribadito che per l’Aula di Bruxelles una “vera pace basata sulla giustizia” non potrà che partire dal concetto di “nulla sull’Ucraina senza l’Ucraina”. E prima ancora, in mattinata, era arrivato il messaggio di Ursula von der Leyen, che in un videomessaggio ha garantito agli alleati ucraini che “il sostegno europeo e occidentale continuerà ad arrivare: 50 miliardi di euro fino al 2027 dall’Unione europea e 50 miliardi di dollari fino al 2026 dai paesi del G7 e dall’Unione europea”.
La maggioranza europeista chiede più armi per Kiev, i Patrioti le trattative con Putin
Al Parlamento europeo, dopo l’ovazione per Zelensky, hanno preso parola i leader dei gruppi politici. Per Manfred Weber, presidente del Partito Popolare Europeo, l’Ue deve “prima di tutto parlare con gli amici americani”. E poi “assumersi maggiori responsabilità” per fare in modo che l’Ucraina “vinca sul campo di battaglia”. Un messaggio diretto in patria, al cancelliere tedesco Olaf Scholz: “La prego di consegnare all’Ucraina i missili Taurus di cui ha bisogno“, ha dichiarato in emiciclo Weber. Un appello rilanciato dalla sua omologa socialista, Iratxe Garcia Perez: “Le guerre non si vincono solo con la forza della parola – ha affermato la capogruppo S&d – ma con le munizioni, i carri armati, le contraeree“. Garcia Perez ha lanciato una provocazione a tutti i leader che tentennano sul via libera a colpire il territorio russo: “Se l’Ue fosse attaccata domani dalla Russia, saremmo qui a chiederci se è legittimo contrattaccare?”.
In generale, sul sostegno all’Ucraina l’Eurocamera parla quasi all’unisono. Dai liberali di Renew ai Verdi fino ai Conservatori di Ecr, la linea è quella tracciata dalle due grandi famiglie politiche moderate, socialdemocratici e popolari. Messa nera su bianco dalla risoluzione di settembre con cui gli eurodeputati hanno chiesto ai Paesi membri di eliminare le restrizioni all’uso di armi sul territorio russo.
La capogruppo di Renew, Valerie Hayer, ha puntato il dito contro quelli che “in questo Parlamento si pretendono pacifisti, ma sono gli alleati di Putin“. Un fronte guidato dai sovranisti del gruppo fondato da Viktor Orban, i Patrioti per l’Europa. Accuse negate dall’eurodeputata ungherese di Fidesz, Kinga Gal, che ha ricordato che Budapest “sta portando avanti la più grande operazione di aiuto umanitario della storia”, ospitando “oltre 1,4 milioni di richiedenti asilo ucraini ai quali viene dato alloggio, sanità e istruzione”.
Per la vicepresidente del gruppo sovranista “bisogna riconoscere che la strategia europea non ha dato i risultati sperati e non ha concluso la guerra”. E si torna lì, a quel fronte rinvigorito dalle promesse di Trump sulla fine del conflitto. Serve “un cessate il fuoco e negoziati di pace il prima possibile – ha proseguito Gal, è un bene che sempre più voci si levino per una soluzione diplomatica, con l’elezione di Trump abbiamo una nuova opportunità”.