Bruxelles – Il Consiglio dei ministri dell’Ue ha adottato oggi un regolamento vieta l’immissione e la messa a disposizione sul mercato dell’Unione — o l’esportazione dal mercato dell’Unione — di prodotti ottenuti ricorrendo al lavoro forzato.
Indagare sul lavoro forzato e combatterlo
Il regolamento crea il quadro necessario su cui fondare un’azione legale mirata a contrastare i prodotti ottenuti con il lavoro forzato sul mercato interno. La Commissione creerà una banca dati delle zone o dei prodotti a rischio di lavoro forzato per sostenere il lavoro delle autorità competenti volto a valutare possibili violazioni del regolamento. Sulla base di una valutazione dei possibili rischi, la Commissione (in caso di ricorso al lavoro forzato al di fuori dell’Ue) o le autorità degli Stati membri (in caso di ricorso al lavoro forzato nel loro territorio) possono avviare un’indagine.
Circa 27,6 milioni di persone lavorano in condizioni di lavoro forzato in tutto il mondo, in molti settori e in ogni continente. La maggior parte del lavoro forzato avviene nel settore privato, mentre in alcuni casi è imposto dalle autorità pubbliche.
Le autorità degli Stati membri dovrebbero condividere informazioni con altri Stati membri qualora sospettino violazioni del regolamento in altre parti dell’Unione europea, o condividere informazioni con la Commissione, qualora sospettino il ricorso al lavoro forzato in un Paese terzo. La decisione finale (ossia divieto, ritiro e smaltimento di un prodotto ottenuto ricorrendo al lavoro forzato) sarà presa dall’autorità che ha diretto l’indagine. La decisione adottata da un’autorità nazionale si applicherà in tutti gli altri Stati membri sulla base del principio del riconoscimento reciproco.
Dopo la prossima firma da parte della presidente del Parlamento europeo e del presidente del Consiglio, il regolamento sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entrerà in vigore il giorno successivo alla pubblicazione. Si applicherà tre anni dopo la data di entrata in vigore.