Bruxelles – La sicurezza europea sul lavoro ha ancora delle falle. Nel 2022, oltre 3mila morti e quasi 3 milioni di incidenti non mortali, con un rapporto di circa 905 infortuni non mortali per ogni infortunio mortale. Si rileva un progressivo decremento in riferimento agli anni precedenti secondo Eurostat, basato sui dati amministrativi delle statistiche europee sugli infortuni sul lavoro (ESAW).
Per dare delle definizioni, un infortunio sul lavoro è definito come un evento nel corso del lavoro che provoca danni fisici o mentali e quelli mortali portano al decesso della vittima entro un anno. Nonostante gli incidenti non mortali siano meno gravi, non per questo non causano danni consistenti alle vittime e alle loro famiglie, come nel caso di lesioni che causano disabilità permanenti.
Tra il 2021 e il 2022 si è registrato un aumento del numero totale di infortuni non mortali sul lavoro nell’Ue, circa 87.139 in più, che contano un incremento del 3 per cento. L’aumento va collegato anche all’allentamento o eliminazione delle restrizioni associate alla crisi da Covid-19. Nonostante ciò, notiamo un decremento di 61 infortuni mortali nel 2022 rispetto all’anno precedente.
A livello di Paesi, in testa si trova la Germania per gli infortuni non mortali, con oltre 700.000 vittime, seguita da Francia, Spagna e Italia, che conta oltre 330mila lavoratori coinvolti. Record negativo di vittime per la Francia che conta oltre 600 vittime, seguita da Italia, Spagna e Germania, che continuano a restare le prime quattro nazioni nella classifica.
Da notare che il numero degli infortuni varia notevolmente considerando le attività economiche a cui ci si riferisce e, nel complesso, maggioranza di incidenti per gli uomini.
Costruzioni, trasporti e magazzinaggio, industria manifatturiera e agricoltura, uniti a selvicoltura e pesca contano insieme il 65.5 per cento degli infortuni mortali rispetto al totale e il 43 per cento di quelli non mortali. Quasi un quarto dei morti sul lavoro si contano solo nel settore delle costruzioni, elemento che dovrebbe far riflettere a livello europeo sulla sicurezza dei lavoratori e soprattutto la necessità di prevenzione. Gli infortuni non mortali sono stati relativamente comuni nel settore manifatturiero (18 per cento del totale nell’Ue nel 2022), seguito dalle attività di assistenza sanitaria e sociale, dalle costruzioni e dal commercio. Questi quattro settori sono gli unici per cui le percentuali superano il 10 per cento in riferimento agli incidenti non mortali.
Lo sbilanciamento di genere si spiega considerando che i settori maggiormente esposti contano più lavoratori uomini, con circa 2 incidenti su 3 che nell’Ue hanno coinvolto lavoratori di sesso maschile nel 2022. Chiaramente, va considerata anche la proporzione di donne e uomini che lavorano e le diverse mansioni, viste anche le condizioni non equilibrate del mercato lavorativo dimostrate anche dal gender pay gap.
Dal punto di vista dell’Unione Europea, troviamo un’ampia regolamentazione del mercato del lavoro e della qualità della vita dei lavoratori. Non meno importanti sono le patologie psicologiche legate al lavoro, come il burn out, di grande incidenza sui lavoratori, pur se non riportate in queste statistiche (ma sono riconosciute a livello comunitario).
Partendo dai Trattati fino alla direttiva quadro del 1989 (89/391/Cee), l’Ue ha posto molto impegno sulla tutela dei lavoro e dei lavoratori. Il principio guida delle regole europee stabilisce che “il datore di lavoro ha il dovere di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori in tutti gli aspetti relativi al lavoro, mentre il lavoratore ha l’obbligo di seguire le istruzioni del datore di lavoro in materia di salute e sicurezza e di segnalare potenziali pericoli“.
Sarebbe auspicabile il mutuo rispetto delle regole per ridurre il numero di incidenti alla cosiddetta “Visione Zero“, presente nella strategia europea 2021-2027, e per proteggere “la salute e la sicurezza dei quasi 170 milioni di lavoratori dell’Ue“.