Bruxelles – Tutti i Paesi dovrebbero contribuire a finanziare la lotta ai cambiamenti climatici. È il messaggio ribadito con forza dall’Eurocamera, indirizzato ai leader riuniti a Baku, in Azerbaigian, per la 29esima Conferenza delle Parti (Cop).
La linea guida emersa durante la sessione Plenaria in corso a Bruxelles conferma il principio “chi inquina paga”, verso un nuovo obiettivo post-2025 che sia socialmente equo e si basi su fonti di finanziamento pubbliche, private e innovative. Una delegazione del Parlamento parteciperà all’incontro tra il 18 e il 22 novembre e potrà portare la posizione europea comune su questo argomento.
Il grande argomento sul tavolo della Cop29 riguarda proprio i finanziamenti. Dopo essersi impegnati durante la Cop28 per quanto riguardava l’eliminazione dei combustibili fossili, considerando l’allineamento con gli stessi obiettivi europei del Fitfor55, dalla Cop29 si vuole inviare un “segnale inequivocabile”.
Nella risoluzione non legislativa approvata giovedì (14 novembre) con 429 voti a favore, 183 contrari e 24 astensioni, si invitano tutti i Paesi a concordare un nuovo obiettivo collettivo. Lo scopo per i deputati europei è che tutte le principali economie emergenti, soprattutto quelle ad emissioni e Pil elevato, contribuiscano proporzionalmente all’azione globale per il clima.
Nessuno degli emendamenti proposti da Patrioti per l’Europa e Europa delle Nazioni Sovrane ha raggiunto la maggioranza ed è stato accolto, tanto che la destra europea ha votato compattamente contro la risoluzione. Gli emendamenti di PfE e Esn, riassumendo, proponevano un impegno per il clima nettamente meno totalizzante di quello attuale. Uno di questi parlava chiaramente di “rivedere il Green Deal europeo” e invitava la Commissione europea a considerare meglio l’impatto sociale ed economico delle misure, altri chiedevano la revisione dei target per le auto (dibattuti in lungo ed in largo nell’Ue).
Si chiede che la diplomazia climatica dell’Ue si intensifichi, contribuendo a creare delle condizioni di parità a livello internazionale, evitando che si rilocalizzino le emissioni di carbonio e si aumenti il sostegno pubblico per l’azione climatica.
Non solo, visti anche gli obiettivi precedentemente stabiliti, l’Europarlamento si aspetta anche un impegno comunitario per incoraggiare meccanismi di fissazione del prezzo del carbonio per altri Paesi. Contemporaneamente, si dovrebbe anche migliorare il sistema di scambio di quote di emissione e il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere.
Questi tre strumenti sono stati votati dal Parlamento europeo nel 2023 per contribuire in modo sostanziale alla neutralità climatica entro il 2050 e la riduzione delle emissioni del 55 per cento entro il 2030. Il principio “chi inquina paga” è alla base del sistema di scambio di quote di emissione (Ets), con l’obbligo per le industrie a comprare quote per ogni tonnellata di Co2 che emettono. Il meccanismo di adeguamento alle frontiere (la cui sigla è Cbam) prevede il pagamento di prezzo per il carbonio emesso durante la produzione di beni ad alta intensità di carbonio fuori dall’Ue, con lo scopo di tutelare i beni europei (la cui produzione green è più costosa) e incoraggiare una produzione industriale più pulita nei paesi terzi.
Al di là degli obiettivi tecnici riguardo al cambiamento climatico, non sono passate inosservate le grandi assenze alla Cop29. A livello europeo, pesa il vuoto lasciato del presidente francese Emmanuel Macron, del cancelliere tedesco Olaf Scholz (alle prese col crollo del governo e le elezioni anticipate) e della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (anche lei alle prese con una maggioranza traballante).
Dal gruppo dei Verdi/Ale arrivano critiche: “Anche l’Europa non deve sottrarsi alle proprie responsabilità: la Presidente von der Leyen, così come il cancelliere Scholz e il presidente Macron, hanno saltato la Cop quando avevano l’obbligo di essere presenti e di svolgere un ruolo di primo piano“, dice l’eurodeputato Michael Bloss, presente nella delegazione che nei prossimi giorni andrà a Baku. Stoccata al Ppe dalla relatrice ombra dei Verdi/Ale presso la Commissione Ambiente, Lena Schilling: “È deplorevole che il Ppe non sia riuscito ad accordarsi sull’obiettivo minimo di ridurre le emissioni del novanta per cento entro il 2040”.
Per quanto la risoluzione sia passata, le scintille in seno al Parlamento europeo non accennano a spegnersi nemmeno per una risoluzione in cui tutti i gruppi dell’arco europeista hanno votato in modo unitario. Il Ppe resta al centro delle discussioni e delle perplessità della sinistra europea, a cui la moderazione (e una buona dose di ambiguità) non va bene più.