Bruxelles – Gli applausi dei parlamentari, fragorosi e convinti, Raffaele Fitto li prende alla fine, quando il vicepresidente esecutivo designato per la Coesione cita Alcide De Gasperi, tra i padri fondatori dell’Unione europea, figura a cui lui dice di ispirarsi per “il suo impegno per l’Europa” e che invita a prendere a modello. E’ stato, dice, un politico “a cui dobbiamo guardare per una prospettiva credibile”. E’ la conclusione di un’audizione giocata sulla prudenza e sull’impegno. Fitto fa attenzione a non vestire i panni dell’uomo di governo, insiste sul suo passato nella fila della Democrazia Cristiana, partito noto per essere stato membro del Ppe di un’Europa molto diversa ma non per questo meno ambiziosa.
Insiste anche sulla disponibilità al dialogo e ad un impegno pro-europeo ed europeista, Fitto. A chi fa notare che in Italia la politica di Coesione di cui l’italiano sarà presto responsabile è stata centralizzata, Fitto fa notare che “è stato concordato con la Commissione europea“. Una risposta che racchiude la voglia di dialogare, la capacità di essere costruttivi, e di restare nel solco dell’Ue e del suo arco istituzionale.
A livello personale ribadisce il suo impegno per una nuova politica di Coesione, “più flessibile e meno onerosa”, a misura di Pmi, perché “va semplificata innanzitutto per le piccole e medie imprese, per consentire loro di poter usufruire dei fondi”, e ribadisce anche il suo personale impegno per tutto ciò che potrà. Perché l’agenda politica non dipenderà soltanto da lui né dalla Commissione. Ridefinire il bilancio dell’Ue è un esercizio dove gli Stati membri hanno molta più voce in capitolo, così come le scelte su un allargamento che inevitabilmente avranno un impatto sulle risorse trovate finora per la regioni. Insiste perciò sulla necessità di “lavorare insieme”, e nel farlo Fitto ragiona già da membro della Commissione, offrendo sponde al Parlamento che nel complesso è pronto a sostenerlo.
Il vicepresidente esecutivo designato è consapevole della posta in gioco, e promette di restare fermo e fedele ai fondamentali a dodici stelle. “La politica di coesione è al cuore dell’integrazione europea“, scandisce per ribaride la sua intenzione a non procedere in senso opposto, disgregativo. Al contrario, nel rispetto di un’agenda europea ben chiara e più ampia, “dobbiamo rendere le regioni accessibili, e quindi servirà una connessione digitale” in linea con impegni Ue e necessità di integrazione.
L’audizione del candidato italiano si svolge in un clima disteso, pochi affondi dai banchi dei Verdi e del gruppo de laSinistra, ma a tutti Fitto assicura che da parte propria “l’impegno è rappresentare la Commissione”. Lo vuole chiarire in modo inequivocabile, per fugare dubbi di ogni sorta: “Non sono qui per rappresentare né un partito politico né un Paese, e non credo che nessun altro membro del collegio intenda farlo“. Parole che vogliono anche scrollare di dosso un’etichetta che vuole il partito di provenienza, Fratelli d’Italia, fuori dagli schemi convenzionali, e che intendono rassicurare sulla sua persona.
“Trovo inutile discutere del passato. Il mio impegno per l’Europa è affidabile“. Anche questo è un passaggio chiave dell’audizione del ministro per la Coesione e le riforme. Ricorda che nella veste proprio di ministro ha partecipato al dialogo sullo Stato di diritto, che ritiene fondamentale, garantisce che se eletto lavorerà per “una governance multi-livello” delle politiche di coesione, rafforzando “le relazioni tra governi centrali e locali”, come chiede anche il Comitato europeo delle regioni.
Fitto si cala già nel personaggio, quello di membro del collegio che verrà. Fa notare che da quando il governo Meloni lo ha designato per il ruolo si è sempre astenuto dal prendere posizione. “Non ho mai rilasciato una dichiarazione, e non entro nel merito delle questioni nazionali”. Perché è questa nuova veste che lo impone, a riprova di una volutamente ostentata capacità ad agire italiano e pensare europeo. Lo fa in italiano, per tutto il tempo. Giusto un’introduzione in inglese, leggendo un testo scritto, e poi si candida seriamente a un posto che, a giudicare da un’audizione priva di tensioni, appare sempre più alla portata.
Il riferimento a De Gasperi a conclusione della seduta è la chiosa di un Fitto arrivato con l’obiettivo di convincere sulla centralità dell’Europa nella sua agenda, che poi non è quella personale bensì collegiale. A tal proposito vuole essere chiaro, in particolare con il Ppe: “Il Green Deal è un impegno che dobbiamo garantire, ma gli obiettivi vanno rimodulati perché la rigidità non ci porta da nessuna parte“.