La prima scossa era arrivata otto anni fa, quando Donald Trump vinse la sua prima corsa alla Casa Bianca. La seconda, molto più forte, è arrivata negli ultimi mesi per poi diventare devastante negli ultimi giorni. I leader dell’Unione europea non riescono più a star seduti comodi sulle loro poltrone, allineati, per lo più, alla politica estera e commerciale statunitense, tranquilli nel grande attivo che abbiamo nelle esportazioni, protetti dall’ombrello della Nato.
Questo è successo per decenni, nei quali i leader Ue hanno potuto giocare a piccoli nazionalismi occasionali, a piccoli e marginali sogni di grandezza e prestigio, per qualcuno anche con la sensazione di essere una potenza militare di un certo peso. Ma tanto eravamo, ed ancora siamo, alleati con gli Stati Uniti, la più grande potenza economica e militare del Mondo, ed in sostanza ci siamo sempre allineati.
Poi però, otto anni fa, un irruento ed ancora confuso presidente statunitense ha fatto nascere qualche preoccupazione, l’Ue non aveva un “piano B” per affrontare una nuova relazione con gli Usa diventati più nazionalisti e protezionisti di un tempo. Nel frattempo la Cina ha espanso la sua influenza nel mondo, l’India è cresciuta, ma quattro anni fa i democratici riconquistarono la Casa Bianca e, anche se comunque le cose avevano continuato a girare in un senso un po’ diverso dai 70 anni precedenti, tutto sommato con Joe Biden l’Ue si è sentita molto più tranquilla. Per due o tre anni solo pochissimi ragionavano sul fatto che fosse necessario un “piano B” nel caso Trump tornasse al potere. L’unico dibattito che ha preso un certo spazio è stato quello sulla difesa europea, ma è stato, di fatto, un dibattito ozioso, al quale quasi nessuno credeva, perché ogni staterello europeo (da Francia e Germania in giù) è scioccamente orgoglioso della sua inutile indipendenza militare, che non è in grado di difendere nessun singolo Paese e neanche di integrarsi per sforzi maggiori. Non siamo neanche stati in grado di produrre munizioni a sufficienza per le necessità dell’Ucraina, tanto per dire.
Ora i democratici lasceranno la Casa Bianca, Trump stavolta si è ben preparato e sembra che abbia già numerosi provvedimenti legislativi pronti da attuare nei primi giorni, in Europa già si fanno conti su quante centinaia di miliardi ci costeranno i dazi che metterà alle nostre merci. Alla Nato si trema, in Ucraina sale il panico, insomma, siamo scoperti completamente, perché nulla abbiamo fatto per rafforzare le nostre strutture politiche, economiche, militari.
E lo stesso sarà con i non pochi governi che si sentono amici degli Usa repubblicani di Trump, in primis Italia e Ungheria, ma altri ce ne sono ed altri ne verranno. Anche questi leader che appartengono alla scia nazionalista, protezionista della quale Trump è il campione, si stanno comportando esattamente come quelli prima di loro: guardano ai propri confini, non gli passa neanche per la testa di conquistare un’autonomia europea dagli Usa, di rafforzare il sistema al quale appartengono. Anche loro cercano una “comoda protezione” fornita dal gigante americano, magari in competizione con altri partner europei. E le ammonizioni di chi dice che l’Unione, in questa fase storica, deve dare una sterzata finiscono nel cestino, come quelle del povero Mario Draghi (che sembra essere l’unico gigante in mezzo ai nani europei), che batte sempre su un tasto che nessuno vuole ascoltare.
Però Trump non ha amici, e non muoverà un dito per fare una qualsiasi cosa che non abbia un immediato tornaconto personale. E saremo sempre più divisi e soli. Staterelli con mediocri governanti, che credono che un Paese come l’Italia, la Germania, o addirittura la piccola Ungheria possano avere uno spazio vitale autogestito.