Bruxelles – Apple è pronta a sottoporsi ai controlli della Commissione europea riguardo al sistema operativo dei propri tablet. L’obiettivo è valutare (con attenzione) se le azioni attuate sono in conformità con gli obblighi del Digital Markets Act (Dma), la legge europea sui mercati digitali.
Con il Dma, l’Unione Europea ha voluto dare un contributo forte alla limitazione di pratiche sleali per la concorrenza nel mercato digitale europeo. Il primo passo è stato l’identificazione delle grandi aziende del mercato digitale, definite come ‘gatekeeper‘.
Chiaramente Apple non poteva che essere inclusa nella lista dei ‘grandi’, con tutti gli obblighi derivanti. Il sistema iPadOS, relativo ai tablet, è stato inserito in un secondo momento come servizio della piattaforma principale, con l’estensione anche a questo del pacchetto obblighi relativi ai gatekeeper.
Per dare dei numeri, parliamo di piattaforme con un fatturato di almeno 7,5 miliardi di euro nell’Ue per i precedenti tre anni, valutazione di mercato superiore ai 75 miliardi e un numero di utenti finali al mese di almeno 45 milioni, uniti a 10 mila utenti aziendali in Ue. A questo si aggiunge il controllo di uno o più servizi di piattaforma in almeno tre Stati membri, che Apple ha con AppStore o Safari.
In sostanza si parla del digitale, il cui controllo del mercato, se non regolamentato, rischia di diventare oligopolistico. Per questo, il Digital Markets Act ha permesso di stabilire obblighi, su cui Apple deve dimostrare conformità, come vorrebbe dimostrare nel rapporto relativo a iPadOS.
Il sistema Apple ha da sempre avuto la caratteristica di essere un sistema chiuso, che ha provocato problemi di non poco conto con la Commissione europea.
Le aperture richieste dal Dma, la famosa ‘interoperabilità’, “comportano maggiori rischi per gli utenti e gli sviluppatori“, si legge nel rapporto, su cui Apple sta lavorando per garantire sicurezza ai propri clienti. Ad Apple si chiede di permettere sia ai propri utenti che agli sviluppatori di usare software esterni rispetti a quelli connessi all’azienda, evitando anche di assorbire le società emergenti con le cosiddette killer acquisition (che poi impattano notevolmente sulla concorrenza).
Nessuna flessibilità nel Dma sulle applicazioni sofware pre-installate, su cui Apple ha fatto passi avanti, tanto da permettere l’eliminazione, “per gli utenti dell’Ue”, di tutte le applicazioni presenti (“Solo Impostazioni e (su iOS) Telefono non saranno cancellabili”, si legge).
Inaspettato il grande lavoro su una maggiore apertura verso gli sviluppatori e per gli utenti e anche verso il mondo non-Apple. Un aspetto interessante riguarda la migrazione di dati tra dispositivi, su cui il colosso americano aveva sempre mantenuto il più marcato isolamento. Dal rapporto risulta che “Apple sta sviluppando una soluzione che aiuti i fornitori di sistemi operativi mobili a sviluppare soluzioni più semplici per trasferire i dati da un iPhone o iPad a un telefono o tablet non Apple. Apple intende rendere disponibile questa soluzione entro l’autunno del 2025″.
Oltre a quelle già menzionate, nel Dma sono identificate numerose violazioni, come la richiesta per gli sviluppatori di app di utilizzare determinati servizi per comparire negli app store o il classificare i propri prodotti o servizi più in alto. Le multe stabilite arrivano fino al 10 per cento del fatturato globale e 20 per cento in caso di recidiva.
Alle aziende conviene attenersi agli obblighi, sulla cui valutazione la Commissione ha l’ultima parola come ‘guardiana’ dell’applicazione del regolamento. Il gigante localizzato a Cupertino ha dovuto necessariamente prestare attenzione alle ‘tirate di orecchie’ da Bruxelles, che aveva già sottolineato la necessità per gli utenti Apple di impostare il proprio browser web preferito, avere app store alternativi e consentire anche a dispositivi accessori le piene funzionalità sul sistema operativo.
Apple ha già avuto problemi in Ue per la tendenza ad adottare politiche abusando della propria posizione dominante. Non era piaciuta all’Ue e alle leggi europee sulla concorrenza, la tendenza di Apple a impedire (indirettamente) ai propri utenti di usare app di terze parti e non le proprie, costata una multa di 1,8 miliardi di euro nel caso Apple-Spotify. Oppure, l’impossibilità per gli sviluppatori di terze parti di accedere alle tecnologie dell’iPhone, come nel caso del tag NFC, alla base dei portafogli digitali.
Le regole europee sui mercati digitali non intendono lasciare margine alle aziende per poter mantenere un controllo sleale sulla propria fetta di mercato. La Commissione dovrà ora rivedere il rapporto presentato da Apple su iPadOS e decidere se le misure dell’azienda sono adeguate e conformi al Dma. In caso contrario, verrebbe avviata una procedura di enforcement e, come nei casi precedenti, non verrebbero fatti sconti.