Bruxelles – Ripresa europea alla prova del contesto internazionale, per una situazione che vede i Paesi Ue con la moneta unica tentare uno slancio in un mondo di turbolenze che possono produrre effetti indesiderati e contrari. L’Eurogruppo della prossima settimana (4 novembre) farà il punto su una congiuntura economica che comunque viene vista come favorevole, almeno fin qui. Il sentimento diffuso a Bruxelles e condiviso con le capitali è che l’Eurozona è tornata su un percorso di crescita moderata, in linea con le prospettive descritte dalla Commissione nelle previsioni di primavera.
Certo, riconoscono fonti Ue, “il contesto resta incerto”, ma allo stesso tempo il mercato del lavoro resta forte, e il Prodotto interno lordo dell’area dell’euro “dovrebbe tornare a crescere il prossimo anno trainato dalle esportazioni”. La Commissione europea pubblicherà la nuove previsioni economiche il 15 novembre e dunque non potrà fornire ai ministri grandi anticipazioni, ma è comunque attesa una presentazione di massima i cui contenuti sono già stati peraltro anticipati dal commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni: crescita attesa allo 0,8 per cento per quest’anno, il che vuol dire, se le attese di crescita per il Pil sono rosee per il 2025, abbandonare lo ‘zero virgola’ il prossimo anno.
Il dibattito porta con sé anche la questione delle riforme, soprattutto quelle di bilancio. Il nuovo patto di stabilità con i suoi obiettivi, più vincolanti e chiari, dovrà essere seguito, e qui concessione al momento non sembrano essere un’opzione per l’immediato futuro. Del resto, ragionano a Bruxelles, “sarebbe stato bello non avere sfide di bilancio, ma siamo dove siamo, e al momento non riesco a immaginare una strategia diversa da quelle del consolidamento di bilancio”. Avanti con la ristrutturazione dei conti nazionali come concordato, insomma.
C’è poi la questione dell’unione bancaria a tenere banco, per una materia ancora lontana dall’essere chiusa. “Manca la rete di protezione comune”, il famoso ‘backstop’ previsto nel progetto di riduzione dei rischi da eventuali crisi, fanno notare le stesse fonti Ue. Un implicito pro-memoria al governo Meloni e alla resistenza dell’Italia, unico Paese a non aver ratificato l’accordo di riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) impedendo quel rafforzamento del sistema di messa in sicurezza degli enti creditizi dell’eurozona.
Non ci si attendono nuove pressioni sul ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, semmai chiarimenti dalla Germania sul caso Unicredit/Commerzbank. La scalata della banca italiana a quella tedesca è osteggiata da Berlino, con l’Eurogruppo che osserva ma che si chiama fuori. “Non dovrebbe essere una scelta politica, questa non è una questione per i governi, ma per i regolatori del settore”, confidano a Bruxelles. Spetta agli organismi preposti intervenire, e si nutre “fiducia che questi enti diano chiarezza sulle implicazioni dell’operazione proposta e le decisioni che ne derivano”.