Bruxelles – La siderurgia europea soffre, come non mai, vive una stagione di crisi tale da imporre una riflessione tutta nuova su un settore, quello dell’acciaio, che si vuole rimettere al centro dell’agenda politica europea. L’Aula del Parlamento europeo ne fa una priorità, e chiede a gran voce interventi specifici alla prossima Commissione von der Leyen. Con i rispettivi distinguo, i principali gruppi politici sono d’accordo che non va più perso tempo.
I dati da soli danno l’idea della sofferenza di un settore che è anche l’anticamera di una difficoltà economica, produttiva, e di crescita dell’Unione tutta. Si è passati da un surplus produttivo di 17 milioni di tonnellate di acciaio a un deficit di 10 milioni di tonnellate. C’è certamente un problema di concorrenza che sta fagocitando e spazzando via l’industria europea. Una pressione asiatica ben precisa. “Negli ultimi 20 anni la Cina ha accresciuto la propria produzione del 639 per cento”, e il risultato di ciò è che il Paese “avrà cinque volte la capacità europea“, denuncia Juan Ignacio Zoido Alvarez, del Ppe.
Quello che è già in atto è una realtà che vede “l’Europa soggetta a una sovra-capacità mondiale” a causa della quale “sono andati persi 100mila posti di lavoro”, denuncia il liberale Christophe Grudler (Renew), che chiede interventi rapidi e mirati, come “la tempestiva attuazione del Meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiere (Cbam)“, lo strumento che nei fatti intende tassare quanto prodotto con elevate emissioni di CO2 e gas clima-alteranti. Uno strumento anti-Cina, in sostanza.
Una richiesta che potrebbe però non bastare per venire incontro alle esigenze del mondo dell’acciaio e dei suoi produttori europei. Tanto che che si chiede l’esclusione del settore dal sistema Ets per la compra-vendita dei certificati di emissione. Una richiesta che arriva prima dai banchi dei conservatori attraverso Daniel Obajtek e poi dalle fila dei popolari attraverso Letizia Moratti. Una convergenza Ecr-Ppe che mostra una volta di più la sintonia tra centro-destra e destra tanto criticata e guardata con malumore dalle forze più progressiste dell’Aula.
Le richieste di Renew, Ppe ed Ecr vengono però rilanciate dai socialisti (S&D), i cui esponenti insistono a più riprese sulla necessità di un piano europeo per l’acciaio. Lo chiedono a gran voce nell’ordine Estelle Ceulemans, Jens Geier, Giorgio Gori ed Elena Sanchez Murillo. Si susseguono deputati europei di Germania, Italia e Spagna a battere lo stesso tasto, che serve ai comparti dei rispettivi Paesi, e che rappresentano le principali economie dell’eurozona. Dovrà essere la Commissione europea a predisporre un piano d’azione specifico per il settore.
Alla richiesta dei socialisti si accompagna quella dei Verdi europei per un “summit europeo dell’acciaio con le parti sociali“, scandisce la co-presidente dei Greens, Terry Reitke, decisa ad avere un settore competitivo, verde, e capace di garantire “la produzione di acciaio made in EU”.
Il vero nodo resta quello delle risorse. Ne serviranno molte per permettere alla siderurgia europea di essere a prova di futuro, e quindi di sostenibilità e competitività. Risorse difficili da trovare. Da qui l’invito della liberale Brigitte van der Berg a compiere “scelte di bilancio”, per liberare e destinare le risorse che serviranno, facendo però attenzione a “non firmare assegni in bianco” per il settore dell’acciaio europeo. In queste scelte di bilancio europeo viene suggerito di “rivedere il Just Transition Fund per assicurarsi che nessuna regione venga lasciata indietro” né penalizzata.
Helena Dalli, commissaria per l’Uguaglianza intervenuta in Aula a nome dell’esecutivo comunitario, rassicura i parlamentari e soprattutto il mondo delle imprese del settore: “Decarbonizzazione non vuol dire de-industrializzazione“. Assicura che è intenzione della Commissione “invertire” il percorso di decrescita dell’acciaio industriale, e che si lavorerà per farlo tornare protagonista in linea con l’agenda von der Leyen: “Una siderurgia forte e verde è fondamentale per l’industria europea”.
Le imprese, che avevano chiesto a gran voce un’attenzione tutta nuova alla crisi dell’acciaio, possono essere soddisfatte. L’attenzione c’è, come la consapevolezza del momento delicato e l’intenzione di intervenire per porre fine al problema di un comparto in crisi. Restano la rapidità di risposta e le risorse, punti non marginale su cui dovrà lavorare la seconda Commissione von der Leyen.
Gli operatori del settore sono comunque soddisfatti. “Questo dibattito tempestivo indetto dagli eurodeputati è essenziale per aumentare la consapevolezza più ampia delle sfide esistenziali che stiamo affrontando e per proporre soluzioni efficaci e complete da attuare rapidamente nell’ambito di un piano d’azione UE per l’acciaio”, commenta Axel Eggert, direttore generale di Eurofer, l’Associazione europea dell’acciaio. “Non c’è tempo da perdere”, incalza. “La capacità in eccesso globale sta spazzando via la produzione di acciaio sostenibile nell’Ue insieme ai posti di lavoro di qualità che supportano tutte le nostre catene del valore manifatturiere”.