Bruxelles – Giorgia Meloni non fa in tempo a incontrare la stampa e rivendicare gli esiti di un vertice dei capi di Stato e di governo che premia la linea italia, causa l’agenda istituzionale che vuole la presidente del Consiglio in Giordania domani mattina (18 ottobre), ma il capo di governo lascia Bruxelles consapevole che nel mai semplice dossier immigrazione strappa l’apprezzamento dei partner europei. “Nuovi modi per prevenire e contrastare l’immigrazione irregolare dovrebbero essere presi in considerazione“, recitano le conclusioni di fine summit. Un implicito riconoscimento a quel protocollo Italia-Albania per cui comunque il governo di Roma ha già ottenuto il plauso in sede europea.
Certo, le stesse conclusioni aggiungono che i nuovi metodi per gestire il flusso di persone migranti, in più al patto per l’immigrazione e l’asilo dell’Ue, devono comunque essere “in linea con il diritto internazionale e comunitario”. Ma non c’è dubbio che alla fine la presidente del Consiglio riesce a far diventare europea un’iniziativa fin qui squisitamente nazionale.
A scorrere la dichiarazione finale dei leader dell’Ue sul capitolo ‘immigrazione’ l’unico elemento di vera novità è proprio il riconoscere ai governi nazionali di agire in modo autonomo, aggiuntivo ai dispositivi comuni, per aiutare meglio l’Unione europea a far fronte ai richiedenti asilo che non hanno i requisiti per fare domanda poiché al di fuori di canali e procedure regolari.
Il resto è un richiamo a principi già affermanti da tempo: la necessità di sforzi per accelerare i rimpatri; la necessità di lavorare sulla cosiddetta ‘dimensione esterna’ del fenomeno migratorio, e quindi la ricerca di accordi con gli Stati di origine e transito per non far partire i cittadini extra-comunitari alla volta dell’Europa; “l’importanza di attuare la legislazione europea adottata e quella in vigore” e quindi il nuovo patto di immigrazione e asilo che entrerà in vigore a giugno 2026 e il regolamento di Dublino in forza fino a quel momento.
Il protocollo Italia-Albania, non citato esplicitamente nelle conclusioni di fine vertice, si impone nell’agenda politica a dodici stelle come modello pronto a essere seguito, imitato e replicato. Giorgia Meloni ottiene quello voleva: ritagliarsi margini di manovra su un tema caldo per la maggioranza di governo e i suoi partiti di coalizione, e poter dire di aver giocato un ruolo di primo piano.